TERAPIA D'URGENZA, il forum della fiction

Once Upon a Time: The Phoenix Kingdom, AU - Fantasy - A quattro mani

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view post Posted on 26/8/2020, 19:48
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I’LL GIVE YOU DARKNESS





Oxenorth. Regno di Mehlinus. Nord.


Non vi furono altre imboscate.
Tuttavia il loro umore non era dei migliori. Avevano trascorso gli ultimi giorni a compiere tortuose manovre nel tentativo di evitare le città sul loro cammino, tutte circondate dai fuochi di bivacco dei soldati di sorveglianza. Avevano anche avvolto i foderi delle spade in tessuti spessi per attutirne il rumore. A volte procedevano a piedi, conducendo i cavalli per lunghi e difficili percorsi intorno agli insediamenti.
Emma e Regina giunsero in prossimità di Oxenorth al tramonto, due giorni dopo aver subito l’attacco dei due mercenari presso il lago. Avevano cavalcato anche di notte, aiutandosi con incantesimi di occultamento e con piccole formule pronunciate nell’Antica Lingua, che avevano permesso loro di vedere al buio.
Quello era un punto in cui il fiume Acheron era molto largo e profondo. Per raggiungere l’insediamento di Oxenorth era necessario aspettare la barca e pagare il pedaggio richiesto dai doganieri.
Emma si acquattò in cima ad un colle e osservò gli uomini che erano appena saliti sulla barca per controllare i passeggeri. C’erano dei soldati in armatura nera. Erano rimasti a riva e stringevano le lance. Sui mantelli era cucita la testa di una pantera con la fauci spalancate.
- Non ci sono mai stati uomini della mia guardia qui. – disse Regina, acquattandosi vicino ad Emma e osservando la perquisizione.
Alcuni passeggeri iniziarono a scendere, vennero controllati anche dai soldati, che ovviamente ne approfittarono per toccare le donne più del dovuto.
- Quanto manca a Nymeria? – domandò Emma.
- Tre giorni. Forse qualcosa di più. – disse Regina, cupamente.
- E dove potrebbe nascondersi un esercito che si prepara ad attaccare? Lo sai?
- Certo. Ci sono diversi posti, ma il più vicino è la valle di Yei.
Emma si tirò su e si allontanò dal punto in cui si erano fermate per spiare i doganieri. Regina restò ancora un istante a guardare le persone che scendevano e la barca, vuota, che si allontanava. I doganieri scambiarono acquavite con i soldati.
Ora che aveva visto con i suoi occhi le prime avvisaglie della guerra e che Nymeria era così vicina, Emma sentiva come un fuoco nelle vene. La rabbia che aveva provato per tutti quegli anni si era riaccesa, quasi qualcuno avesse appena preso un mantice per riattizzare le braci che ancora ardevano. Avvertiva chiaramente il peso di Narsil, riposta nel fodero. Tutto ciò che aveva imparato si riversava nella sua mente come un fiume. Le parole di suo padre le riecheggiavano nelle orecchie. Quella notte lo aveva sognato e nel sogno Snowing Castle bruciava, lui le porgeva la spada e lei vedeva che era lorda di sangue. Erano insanguinate anche le sue mani e non erano più le mani della bambina che era stata portata via dal Figlio dei Lupi, ma le mani di una donna adulta. Poi aveva sollevato la testa e, al posto di suo padre, aveva visto Sloan, il Cane Rosso, la sua prima vittima. Lo squarcio al centro del torace sanguinava e i suoi occhi la fissavano, furenti.
- Stai bene? – le domandò Regina.
Emma annuì.
- Vieni. – le disse, allungando una mano.
Quando lei si avvicinò, Regina l’abbracciò e la baciò. Fu un bacio breve, ma non appena le loro labbra si separarono, Emma le cinse la vita con le braccia, la tenne stretta con dolce fermezza e Regina si ritrovò a guadarla negli occhi. Le accarezzò i capelli biondi.
- Ricordi quando ti ho detto che potremmo fare tante cose insieme? – le disse Emma. Appariva ancora molto seria.
- Certo.
- Eravamo nella foresta di Aldarin e subito dopo hai fatto l’amore con me. Ed io ho pensato che non avrei più amato nessuno come amo te.
Regina deglutì. Aveva la gola arida. – Sì.
- Lo penso ancora. Dovremmo regnare insieme. Perché insieme siamo molto più forti.
- Emma...
- Non lo credi anche tu?
- Sì, lo credo.
La vide chiudere gli occhi e protendersi verso di lei. Sentì la bocca di Emma sulla sua bocca. Il bacio era tenero.
- Se è questo che vuoi, dovrai sopportarmi per il resto della tua vita. – Regina si sorprese di averlo detto. Ancora non riusciva a capacitarsi che le cose fossero cambiate tanto. Il giorno in cui aveva incontrato Emma nella Grande Palude e lei le aveva dato dell’assassina, il giorno in cui avevano cercato di uccidersi a vicenda, sembrava lontanissimo. A volte aveva l’impressione che non appartenesse alla sua vita, ma a quella di qualcun altro, che era stata ma ormai non era più.
- Sono disposta a farlo. – disse Emma, sorridendo.
- Ne sei sicura?
- Dubiti di quello che provo per te?
Regina scosse il capo. – No. Non mi permetterei mai. E non vorrei certo vederti con altri.
Emma posò di nuovo la bocca sulla sua e la dischiuse, insinuandole la lingua fra le labbra. Regina si lasciò sfuggire un gemito soffocato.
- Sarai la mia regina. – le disse Emma.
Il suo tono era così solenne e pieno di sincerità, che Regina ebbe voglia di piangere. – Sì, lo sarò e tu sarai la mia.



Valle di Yei. Regno di Mehlinus. Nord.

- Cosa succede? – domandò Artù, raggiungendo i margini della valle, attirato dalle grida dei suoi uomini e dal trambusto.
- Indietro, bestia! – La voce di Agravain era forte e minacciosa. Il re vide il barbaglio della sua armatura e il braccio muscoloso che sollevava una grossa mazza chiodata.
- Raksha, aspetta! – gridò un’altra voce femminile.
Artù si fece largo in mezzo agli uomini che borbottavano. Alcuni avevano sguainato le spade. I cavalli erano nervosi.
Riconobbe immediatamente il Figlio dei Lupi. Non lo vedeva da anni, ma non avrebbe mai dimenticato la notte in cui aveva portato Emma al suo cospetto, dopo aver viaggiato a lungo, spronando il proprio cavallo fin quasi ad ucciderlo.
E Graham riconobbe il re. Quando lo aveva conosciuto, era un ragazzo di diciassette anni, incoronato da poche lune. Era cambiato. Ora era più alto di almeno una spanna e aveva le spalle più larghe. Indossava una tunica cremisi e intorno alla vita aveva il fodero con la spada, la famosa Excalibur. Non vide la regina Ginevra da nessuna parte.
- Sei tu, dunque. – disse il re. – Agravain, ti prego, fermati. Quest’uomo ha salvato Emma anni fa, non lo riconosci?
Agravain esitò, con la mazza sollevata. Scrutava la lupa di nome Raksha che ancora gli ringhiava contro. C’erano altri tre lupi a formare un semicerchio davanti al gruppo guidato da Graham. Quello nero con gli occhi di ghiaccio, avanzò di un passo, le orecchie abbassate e le fauci scoperte, pronto ad azzannare e subito avanzò anche l’altro lupo con il manto marrone scuro. Una vecchia lo fissava con aria truce e puntava una balestra, con la freccia già incoccata. Dietro di lei sbucò una lupa snella, con il pelo grigio e bianco che in più punti lasciava il posto alla pelle nuda, solcata da cicatrici.
Graham fischiò e un lupo grigio, con un occhio rosso e uno nero, voltò la testa e subito lo raggiunse, mettendosi accanto a lui.
- Per la Dea, certo che lo riconosco! Ma questi lupi avevano tutta l’aria di volere uno spuntino. – sbraitò Agravain, abbassando la mazza.
La vecchia abbassò la balestra.
- Benvenuto, Graham. – disse Artù. Gli porse la mano e lui la strinse. – Speravo che ti unissi a noi.
- Sono qui per Emma. – rispose il Figlio dei Lupi. Mise l’altra mano sulla testa del lupo che gli stava accanto. - Lui è il mio compagno, Akela.
Presentò ad uno ad uno tutti i membri del suo Branco, gli umani e i lupi.
- Grazie dell’accoglienza. – disse l’uomo di nome Killian. – Aye. Un vero piacere. Qualcuno vuole del rum? A proposito, in questo accampamento ne avete? Sto finendo la mia scorta.
- Ne abbiamo. – rispose un altro cavaliere. – Il mio nome è Gawain e possiamo offrire acqua, vino, sidro, acquavite e rum, se ne volete. Abbiamo viveri se siete affamati.
- Sì, tutto sommato io lo sono. – commentò Peter, sorridendo e accarezzando la testa del suo lupo, Rama. Teneva la mano della donna che aveva richiamato Raksha quando questa stava per avventarsi su Agravain.
- Bene. Allora venite. – disse Artù, indicando il grande accampamento che occupava quasi tutta la valle di Yei. – Parleremo.
- Emma è qui? – chiese Graham.
Il re scosse la testa. Per un attimo sembrò preoccupato. – Non è ancora arrivata. Ma arriverà. Presto.


- Dunque siete sicuri che sia sana e salva. Io l’ho vista quando è... uscita dalle nebbie. – disse Graham. Aveva preso posto nella grande tenda al centro dell’accampamento, la tenda riservata al re. Sopra di essa sventolava il vessillo del Pendragon, il drago dorato su sfondo rosso.
- Certamente lo è. Merlino l’ha vista. Crede che non sia lontana. – rispose Artù.
Il consigliere del sovrano sedeva alla sua sinistra, il bastone da druido tra le gambe, la barba che quasi toccava terra. Alla destra di Artù c’era il suo cavaliere più fidato, sir Lancillotto. Se ne stava in piedi, una mano sull’elsa della spada e l’altra sullo scranno occupato da Artù, come a volerlo proteggere.
- Non sono lontane. C’è la regina con lei. – aggiunse Graham.
- Vero. – rispose Merlino.
- Le persone che dovete temere davvero sono a Nymeria e sono la regina Cora e il suo consigliere. – disse Artù.
- Ne sono consapevole. Ma so anche che la regina non è conosciuta per essere magnanima. Se anche la spada che porta con sé ha avuto un potere su di lei...
- Fidatevi. Le cose sono cambiate. – tagliò corto Merlino.
- Bene. Un’altra cosa che so è che la signora del Lothian è nostra nemica, eppure i suoi figli sono qui e sono tuoi cavalieri. Quel Gawain che ci ha offerto del cibo... ti fidi di lui?
Gli occhi di Artù lampeggiarono di collera. – Non parlare in questo modo di Gawain o dei miei cugini. Sì, sono miei cavalieri e sono cavalieri giurati, li amo come se fossero i miei fratelli. Proprio come amo Lancillotto. Perdonate l’irruenza di Agravain. Mi fido di loro. A Gawain affiderei la mia vita e il mio onore. Non hanno avuto parte alcuna nel piano della loro madre, vero Merlino?
- Sì, sire. – rispose il consigliere. – Gawain e i suoi fratelli ti saranno fedeli fino alla morte.
- Mi fa piacere. Io non li conosco, per questo lo domandavo. Non era mia intenzione offendere. – replicò Graham, sorpresa da tanta veemenza.
- Lo capisco. – Artù gli offrì un boccale di sidro. – Spero che tu sia pronto a parlare di guerra.
Graham prese il boccale. – Lo sono. Ditemi che cosa intendete fare.



Nymeria. Regno di Mehlinus. Nord.

- Ehi, che cosa succede? Sei ubriaco? – domandò Jim Halloway.
L’uomo di guardia sui camminamenti si girò di scatto, la fronte aggrottata e una mano sulla spada, sebbene conoscesse quella voce. – Che cosa?
Jim gli soffiò in faccia la polvere di papavero sbriciolata. L’uomo strabuzzò gli occhi, starnutì e poi crollò a terra, privo di sensi. L’altro venne steso nello stesso modo da Will, che lo sistemò con la schiena appoggiata al muro di pietra.
Jim prese lo specchio che gli aveva dato il comandante e cercò la luce della torcia che bruciava in una delle torrette.
Più in basso, Daniel alzò lo sguardo e vide il barbaglio arancione. Seppe che era il segnale e quindi ordinò agli uomini di aprire la botola che conduceva nelle cripte.
Il gruppetto di persone, una ventina circa tra uomini, donne e bambini troppo piccoli per combattere, era nervoso. Silenzioso, ma evidentemente nervoso. Si guardavano intorno, aspettandosi di vedere qualcosa di oscuro che piombava su di loro per falciarli come carne da macello. Erano stati radunati dall’apprendista del fabbro, che aveva portato anche la madre e uno dei fratelli, ancora troppo piccolo per combattere e con un piede torto.
Il secondo gruppo sarebbe uscito la sera dopo. Non poteva portarli fuori tutti in una volta. Era già abbastanza rischioso così.
Daniel aveva scelto quel momento, dopo il tramonto e prima dell’ora più buia, perché i postulanti stavano entrando nel castello e la regina Cora avrebbe ascoltato le loro richieste. Si era detta disposta a sentirle tutte e aveva promesso di fare il possibile per soddisfarle. Ciò le avrebbe portato via un bel po’ di tempo. Forse il suo consigliere era con lei, forse era nella sua stanza, nella torre più alta, a macchinare e a lanciare oscuri incantesimi.
- Forza, due alla volta. – ordinò Daniel.
I primi due iniziarono a scendere i ripidi gradini che conducevano nelle cripte. Gli altri li seguirono, pallidi, borbottando fra di loro.
Gli ultimi due erano una donna e suo figlio, un ragazzino di dodici anni, che fissava quell’oscurità con terrore. La donna esitò.
- Dobbiamo fare in fretta. – disse Daniel.
Lei strinse le labbra e spinse il figlio verso l’ingresso della cripta. Il giovane andò sebbene avesse molta voglia di voltarsi e fuggire.
Daniel li condusse lungo un corridoio stretto, ma invece di aprire la porta che conduceva al primo livello della cripta, dove si trovavano le tombe di Henry e di suo padre, li portò più in basso. Scesero un’altra rampa di scale, la luce della torcia che allungava le loro ombre sulle pietre sempre più antiche. L’aria si fece fredda. Arrivavano spifferi da ogni dove.
- Ho paura. – sussurrò qualcuno dietro di lui.
Anch’io ho paura, pensò Daniel. Ne ho molta. Tutto questo è una follia.
Tuttavia continuò a camminare. Gli sembrò di camminare per un’eternità, una mano a stringere la torcia e una mano sull’elsa della spada.
- Eccoli. – bisbigliò Jim, poco dopo, quando vide la botola sollevarsi. Il comandante Daniel sbucò fuori per primo, reggendo la torcia. Era qualche metro più avanti del fossato che circondava il castello. Erano in pochi a conoscere quell’uscita. Jim e Will non avevano idea che esistesse prima che Daniel lo rivelasse a loro e ad alcune persone di fiducia, che avevano poi parlato con altre persone per convincerle a lasciare Nymeria.
I cittadini che lo avevano seguito uscirono due alla volta e subito lo seguirono in mezzo all’erba alta. Erano molto scoperti, perciò Jim e Will cercarono di avere occhi ovunque. C’erano altri tre uomini ai piedi delle mura, ma fino a quel momento non si erano accorti di nulla e non era stato necessario metterli fuori gioco.
Infine arrivò l’altra distrazione.
Dapprima udirono solo un basso brontolio. Poi il rumore attutito che sembrava quello delle coperte che venivano sbattute per scacciare il sudiciume. Infine, il cielo sopra di loro si oscurò e una grande ombra nera calò su Nymeria.
- Ah... – mormorò Jim, impallidendo di colpo.
Qualcuno lanciò un grido di allarme. Seguirono altre grida.
Il drago nero fece due giri sopra la città, eruttò una fiammata che illuminò a giorno i camminamenti e poi planò davanti alle mura della capitale. Quando atterrò, la terra tremò sotto le poderose zampe. Chi aveva dato l’allarme vide il cavaliere che se ne stava seduto sulla groppa della bestia. Sventolava un vessillo bianco.
Il drago ruggì. Altre grida. Nelle case iniziarono ad accendersi i lumi e la gente uscì in strada. I postulanti davanti al castello si spintonarono, presi dall’agitazione. Alcuni caddero nel fossato, finendo dritti nell’acqua melmosa.
Gli arcieri incoccarono le frecce.
- Il mio nome è Lancillotto del Lago. – gridò il cavaliere, continuando a sventolare il vessillo bianco. Indossava una robusta corazza a piastre smaltate, gli stivali di cuoio e il mantello cremisi sventolava dietro di lui, rapito dal vento. Il drago ripiegò le ali membranose e abbassò la testa, perché potessero vederlo bene. - Ho un messaggio per la vostra regina.



Camlann. Regno di Elohim. Est.

Lord Lavik aveva contato sull’effetto sorpresa.
Aveva portato solo un centinaio di cavalieri perché pensava che non ne sarebbero serviti di più. A Camlann c’erano pochi soldati, pochi uomini in grado di combattere e, se venivano colti alla sprovvista, non sarebbero mai stati in grado di difendere la città. Poi si sarebbe diretto a Camelot, lasciando morte e distruzione dietro di sé. Era guidato dal furore. Era assetato di sangue e si era sgolato per incitare i suoi.
Quello che era accaduto aveva invece sorpreso lui.
Gli arcieri nascosti sugli alberi già non se li aspettava, ma potevano essere una cosa gestibile. Non pensava che fossero molti, a giudicare dal numero di frecce che piombavano su di loro. Poi gli abitanti di Camlann che era stanziati sui tetti delle case avevano iniziato a tirare sassi. Usavano le mani oppure delle baionette improvvisate. Era stato costretto a sollevare lo scudo per evitare di essere colpito da una pietra tirata a casaccio.
Ma il drago.
Il drago si era levato in volo, nascosto dietro la città e immediatamente le grida di guerra si erano mutate in grida di panico. Molti cavalli erano impazziti, sgroppando e impennandosi. La massa compatta di uomini si era aperta in due ali, quando il drago era planato su di loro, spalancando l’enorme bocca.
Aveva sputato una fiammata che aveva trasformato in torce umane molti dei mercenari e dei combattenti che erano stati destinati alla retroguardia. Lavik aveva guardato con gli occhi sgranati due uomini con i capelli in fiamme, i cavalli che disarcionavano i loro padroni, le teste schiacciate dagli zoccoli e le orecchie gli si erano riempite delle urla agghiaccianti dei feriti.
- Indietro! – aveva urlato lord Lavik, con tutto il fiato che aveva.
Allora era arrivato l’esercito.
Un drappello di uomini, decisamente più compatto e preparato, era sbucato dalla foresta, aveva attraversato il ponte di pietra che lo separava dalla città e si era gettato sul fianco di quello che era stato il suo, di esercito. Erano di meno, ma ovviamente il drago aveva fatto sì che i guerrieri di Lavik si sparpagliassero. Alcuni fuggirono non appena videro il drago virare e puntare di nuovo su di loro. Altri lo fecero quando arrivò l’esercito avversario.
La confusione era diventata totale. Un caos tremendo.
A guidare l’esercito che giungeva in aiuto di Camlann, c’era il fratello adottivo di Artù.
Sir Cai, il siniscalco e uno dei primi Cavalieri della Tavola Rotonda, era davanti a tutti e montava un cavallo nero come la notte. Era a capo scoperto, così Lavik vide subito la sua testa rossa.
Non aveva esitato a girare il cavallo e a puntare dritto sul signore di Cameliard, con la spada levata e la collera a deformagli i lineamenti del viso. Non era grosso quanto sir Agravain, ma era alto e sufficientemente possente, con una cicatrice che gli deturpava il lato sinistro del viso.
- Muori, traditore! – aveva gridato sir Cai, menando un poderoso fendente.
Lord Lavik aveva avuto il tempo di abbassare la testa per evitare di essere decapitato dalla lama della sua spada.
Aveva combattuto per un bel pezzo, mentre il drago nero li osservava. Era davanti alle porte della città, a proteggerla da qualsiasi ulteriore attacco. I pochi uomini del lord che erano rimasti si battevano furiosamente con quelli di sir Cai.
Infine lord Lavik aveva affondato una mano nella tasca del mantello e aveva estratto un oggetto piccolo, a forma di mezzaluna, che aveva chiuso nel pugno.
- Che cosa credi di fare? Arrenditi. – aveva urlato sir Cai, tentando un affondo.
- Non ancora. – aveva risposto Lavik, parando il colpo e restituendoglielo.
Aveva lanciato il fagiolo magico sulla strada e un passaggio si era aperto all’istante, vorticando. Lavik aveva respinto l’ultimo attacco di sir Cai e si era gettato nel passaggio, lanciandosi direttamente dal cavallo. Un gruppo ristretto di uomini lo aveva seguito alla spicciolata.
Ora i guaritori si stavano occupando dei feriti e alcuni abitanti di Camlann davano una mano a spostare i cadaveri e a bruciarli. Il contingente di Cai aveva subito ben poche perdite. Un gruppetto di soldati era andato nei boschi e setacciava i campi alla ricerca dei mercenari fuggiti.
- Mia signora... – disse sir Cai, inchinandosi brevemente davanti alla Dama del Lago.
- Facciamo in fretta qui, sir Cai. – rispose Vivianne. La sua voce suonava dura e nervosa. – L’esercito di Morgause arriverà presto a Camelot.
- Certo.
- Avete fatto un ottimo lavoro.
- Tutto merito della Vista di Merlino, mia signora. E Vostro. – Il fratello adottivo di Artù era massiccio e con la testa grossa, più alto di lei, ma la trattava con familiarità guardinga, vagamente affascinato e intimorito dinanzi al suo potere.
- Tornare ad essere Malefica per un po’ non è stata una brutta idea. – Vivianne strinse lo scettro e la sfera viola inviò un barbaglio viola. Cai si schermò gli occhi. – Vogliono l’oscurità? E io darò loro l’oscurità.
 
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view post Posted on 26/8/2020, 21:15
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CITAZIONE (Stephanie86 @ 26/8/2020, 20:48) 
- Non ci sono mai stati uomini della mia guardia qui. - disse Regina, acquattandosi vicino ad Emma e osservando la perquisizione.
Alcuni passeggeri iniziarono a scendere, vennero controllati anche dai soldati, che ovviamente ne approfittarono per toccare le donne più del dovuto.

A Olivia Benson
ke ha la stess doppiatrice D Regina e a volte le somiglia anche x altri motivi...
nn piace questo elemento! :arrabbiato2: :viaaa...: :arrabbiato3:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 26/8/2020, 20:48) 
Ora che aveva visto con i suoi occhi le prime avvisaglie della guerra e che Nymeria era così vicina, Emma sentiva come un fuoco nelle vene. La rabbia che aveva provato per tutti quegli anni si era riaccesa, quasi qualcuno avesse appena preso un mantice per riattizzare le braci che ancora ardevano. Avvertiva chiaramente il peso di Narsil, riposta nel fodero. Tutto ciò che aveva imparato si riversava nella sua mente come un fiume. Le parole di suo padre le riecheggiavano nelle orecchie. Quella notte lo aveva sognato e nel sogno Snowing Castle bruciava, lui le porgeva la spada e lei vedeva che era lorda di sangue. Erano insanguinate anche le sue mani e non erano più le mani della bambina che era stata portata via dal Figlio dei Lupi, ma le mani di una donna adulta. Poi aveva sollevato la testa e, al posto di suo padre, aveva visto Sloan, il Cane Rosso, la sua prima vittima. Lo squarcio al centro del torace sanguinava e i suoi occhi la fissavano, furenti.

:unsure:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 26/8/2020, 20:48) 
- Stai bene? - le domandò Regina.
Emma annuì.
- Vieni. - le disse, allungando una mano.
Quando lei si avvicinò, Regina l’abbracciò e la baciò. Fu un bacio breve, ma non appena le loro labbra si separarono, Emma le cinse la vita con le braccia, la tenne stretta con dolce fermezza e Regina si ritrovò a guadarla negli occhi. Le accarezzò i capelli biondi.

:sigh: :amore2: :amore:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 26/8/2020, 20:48) 
- Ricordi quando ti ho detto che potremmo fare tante cose insieme? - le disse Emma. Appariva ancora molto seria:
- Certo.

- Lo penso ancora. Dovremmo regnare insieme. Perché insieme siamo molto più forti.
- Emma...
- Non lo credi anche tu?
- Sì, lo credo.
La vide chiudere gli occhi e protendersi verso di lei. Sentì la bocca di Emma sulla sua bocca. Il bacio era tenero.
- Se è questo che vuoi, dovrai sopportarmi per il resto della tua vita. - Regina si sorprese di averlo detto. Ancora non riusciva a capacitarsi che le cose fossero cambiate tanto.

- Sono disposta a farlo. - disse Emma, sorridendo:
- Ne sei sicura?
- Dubiti di quello che provo per te?
Regina scosse il capo: - No. Non mi permetterei mai. E non vorrei certo vederti con altri.

- Sarai la mia Regina. - le disse Emma.
Il suo tono era così solenne e pieno di sincerità, che Regina ebbe voglia di piangere: - Sì, lo sarò e tu sarai la mia.

:amore3: :amore3: :amore3: :amore3:

Bello l'incontro tra i Lupi e i Cavalieri. :perfetto:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 26/8/2020, 20:48) 
la regina Cora avrebbe ascoltato le loro richieste. Si era detta disposta a sentirle tutte e aveva promesso di fare il possibile per soddisfarle. Ciò le avrebbe portato via un bel po’ di tempo.

Toh.Questa è una novità.Cobra ke si interessa dei bisogni e delle richieste degli altri. <_<
CITAZIONE (Stephanie86 @ 26/8/2020, 20:48) 
- Ho paura. - sussurrò qualcuno dietro di lui.
"Anch’io ho paura." pensò Daniel: "Ne ho molta. Tutto questo è una follia."

console
CITAZIONE (Stephanie86 @ 26/8/2020, 20:48) 
I cittadini che lo avevano seguito uscirono due alla volta e subito lo seguirono in mezzo all’erba alta.

E poi andarono a caccia D Pok.../no.Scusate.E' un momento serio. -_-
CITAZIONE (Stephanie86 @ 26/8/2020, 20:48) 
A guidare l’esercito che giungeva in aiuto di Camlann, c’era il fratello adottivo di Artù.
Sir Cai

Io sinceramente lo chiamerei Kay...ogni volta ke leggo"Cai"mi sembra il guaito D un cane!:-PPP
 
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Io sinceramente lo chiamerei Kay...ogni volta ke leggo"Cai"mi sembra il guaito D un cane!:-PPP

Okay, vada per Kay ;)


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44

THE RIGHTFUL QUEENS






Camelot. Regno di Elohim. Est.

- Ancora niente? – domandò la regina Ginevra, raggiungendo gli uomini sui camminamenti del castello.
- Niente, mia regina. – rispose uno degli uomini che portava il vessillo di lord Ban di Benwick, l’aquila che stringeva un pesce tra gli artigli.
Ginevra, con la faretra piena di frecce e l’arco a tracolla, annuì e poi offrì ad ognuno dei soldati di guardia del pane con del formaggio. Loro la ringraziarono, sorridendo e inchinandosi profusamente.
Lei sapeva benissimo che la Vista di Merlino era sempre limpida. Il consigliere non si era sbagliato. Presto l’esercito di lady Morgause avrebbe raggiunto Camelot.
Le erano giunte buone notizie da Camlann. Suo fratello Lavik non era riuscito a prendere la città, grazie all’intervento di Vivianne e dell’esercito guidato da sir Kay.
Ma avrebbero tentato di prendere Camelot. L’esercito di Morgause era più numeroso del loro, ma Ginevra non contava solo sul numero. Molti di quei soldati non erano neppure veri soldati. Erano ombre create dagli incantesimi oscuri. Ombre che combattevano e potevano uccidere come qualsiasi altro uomo, ma pur sempre ombre. Ginevra aveva ottimi arcieri, lei stessa aveva un’ottima mira e aveva la Dama del Lago, una mutaforma che avrebbe potuto spazzare via un intero esercito con il suo fuoco. Morgause avrebbe protetto gli uomini con la magia, ma quanto poteva resistere?
“Non mi piace lasciarti. Ma so che con te Camelot sarà al sicuro.”
Artù. In quel momento desiderava davvero che fosse al suo fianco. Le sarebbe bastata la semplice presenza.
“L’incantesimo oscuro di Morgause è sciolto.” aveva detto Merlino, prima di andarsene con Artù. La sera prima le aveva dato una pozione dal sapore terribile. Lei l’aveva bevuta e non era accaduto niente. Non aveva sentito dolore, non aveva provato nulla. Però il mago sembrava estremamente sicuro. Aveva posato le dita sul suo ventre e aveva annuito. Forse aveva già concepito il figlio di Artù. Certo, ormai Camelot aveva un erede. Artù avrebbe accolto Mordred e lo avrebbe riconosciuto. Tuttavia, aveva sempre desiderato un figlio.
- Sir Kay! – gridò un soldato, puntando il dito.
Ginevra accorse e vide il fratello adottivo del re percorrere la strada che conduceva alle mura in groppa al cavallo da guerra e seguito da due armigeri.
- Giù il ponte levatoio. Presto! – ordinò Ginevra.
L’ordine venne ripetuto più volte e alla fine il ponte levatoio si abbassò con fracasso. Udirono lo scalpiccio pesante degli zoccoli sul legno. Poi i cavalli percorsero la via che portava al castello, spaventando gli abitanti, che si fecero da parte precipitosamente. Molti di loro erano armati e avrebbero combattuto sulle mura, insieme ai soldati, ma la carica e la furia di sir Kay li costrinsero a ritirarsi.
- Mia regina... – disse Kay, smontando. Si inchinò.
- Stanno arrivando? – domandò Ginevra.
- Sono vicini, mia regina. A poche leghe da qui. Molti uomini.
- Uomini? – Uno degli armigeri era pallidissimo. – Alcuni non sono uomini. Sono ombre.
- Il mio armigero intende dire... – iniziò sir Kay.
- So che cosa intende. – La regina alzò una mano per interromperlo. – Magia. Me l’aspettavo. Probabilmente Morgause non ha così tanti uomini a disposizione. Li ha prodotti con un incantesimo oscuro.
- Possono essere uccisi? – domandò il secondo armigero. Lei notò che era molto giovane, più giovane di Galahad. Poco più che un ragazzo.
- Sì. Dovete mozzargli il capo. – asserì Ginevra. – Quelle ombre erano anche a Snowing Castle anni fa. Emma li ha visti e ha visto come morivano. Sparivano non appena gli veniva mozzata la testa.
- E dopo ne arrivavano altri! – tuonò sir Kay. – Inammissibile. Un becero trucco! Perché non mostra il suo coraggio e non viene qui con un vero esercito?
- Non ha abbastanza uomini. Lavik e i suoi costituiscono il grosso dell’esercito. Avrà parecchi mercenari. Non guarderanno in faccia a nessuno. Se entrano in città, uccideranno uomini, donne e bambini. Per non parlare di quello che faranno alle donne...
E per non parlare di quello che faranno a me.
Se Lavik riusciva a metterle le mani addosso, sarebbe stata la fine. Prima di gettarla in qualche segreta le avrebbe fatto passare ogni genere di orrore. Sicuramente era già furioso perché l’attacco e il saccheggio di Camlann erano falliti. Lavik era un bruto. Tuttavia, come combattente, sapeva essere temibile.
- Organizziamo l’esercito e la gente che combatterà sulle mura. Aiutatemi, sir Kay.



Valle di Yei. Regno di Mehlinus. Nord.

- La legittima regina!
Artù accorse non appena udì l’urlo di un uomo. Altri ripresero il grido, che venne ripetuto dalle persone radunate ai margini della valle.
Si fece largo in mezzo alla folla. Quando le vide, non seppe davvero dire se la gente stesse acclamando la sovrana di Mehlinus oppure l’erede di Anatlon.
Entrambe erano belle, in sella ai loro destrieri. Entrambe sembravano potenti e splendevano nelle loro armature. Quella di Regina era nera e lucente, con il mantello intessuto di fili viola e fissato alla base del collo con una spilla a forma di pantera. Emma era a capo scoperto, i fluenti capelli d’oro che le ricadevano sulle spalle come tante onde, la piastra pettorale smaltata e candida come neve, il cinturone di cuoio bianco con rifiniture dorate nel quale aveva riposto Narsil, la sua spada e il mantello rosso che sventolava rapito dal vento, con il simbolo della sua famiglia, il cigno. Vicine parevano in netto contrasto, eppure davano l’impressione di due grandi regine pronte per la guerra.
Artù le guardò, sgomento. Aveva già visto Emma vestita da cavaliere, eppure gli parve ancora più bella. Gli sembrò più adulta, i suoi occhi erano determinati e cercarono subito il re. Poi lei gli sorrise.
Era un grande momento e il suo cuore era gonfio d’orgoglio.
- Le legittime regine! – disse Merlino, sovrastando il clamore della folla, che si era disposta intorno alle due donne a cavallo.
- Le legittime regine! – gridò Gawain, sollevando la spada.
Tutti lo imitarono e levarono le armi verso il cielo grigio. Agitarono i pugni. Urlarono. Merlino notò che solo uno non lo faceva. Percival sembrava indeciso, come se una parte di lui volesse sguainare la spada e farsi sentire mentre l’altra lottava contro quel desiderio.
Merlino sperò che non causasse problemi.
Artù invocò il silenzio e allungò le mani verso Emma e Regina che erano smontate. Emma strinse subito quella del re, mentre Regina esitò un istante. Fino a non molto tempo prima, aveva pensato ad Artù come ad un nemico, all’uomo che stava dalla parte di Anatlon e quindi degli uomini che avevano sterminato la sua famiglia. Ma adesso vedeva un uomo vicino ai trent’anni, biondo e con gli occhi celesti, elegante nella sua tunica color porpora, con la leggendaria Excalibur al fianco. Sembrava cordiale, attento e rispettoso. Nonostante tutto, la sua espressione era vivace e serena.
Alla fine gli strinse la mano. Il suo sorriso si allargò.
- Credevo sareste arrivate prima. – commentò Artù.
- Siamo state trattenute. Ve lo racconteremo, prima o poi. – rispose Emma.
- Emma! – urlò Galahad, prendendo a spintoni e gomitate le persone.
È diventato più alto?, si chiese Emma, osservando l’amico che le veniva incontro, rosso e trafelato.
Galahad l’abbracciò, stringendola forte a sé e lei ricambiò la stretta. – Quando ti abbiamo perduta... oh, non sapeva che cosa pensare.
- Era destino. – mormorò Emma. Poi si girò e gli presentò Regina.
La presentò anche agli altri cavalieri e agli uomini vicini ad Artù. Tutti si inchinarono rispettosamente, anche se alcuni restarono guardinghi.
- Venite con me. Dobbiamo parlare. – annunciò Artù.
Le condusse nella sua tenda, al centro dell’accampamento. Lungo la strada, Emma incrociò molte persone che le strinsero la mano e si inchinarono a lei e alla regina di Mehlinus. Regina ebbe modo di vedere bene il Figlio dei Lupi e il suo Branco. I lupi accompagnavano uomini e donne, come degli spiriti guida. Fissò lo sguardo su Graham. Era un uomo decisamente attraente, alto e forte, con la barba e i capelli castani. Se Artù le era sembrato vivace, il capo di quel gruppo di guerrieri le parve ombroso. Doveva avere più o meno l’età di Artù, eppure per certi versi sembrava più vecchio. Non aveva un’aria rilassata, semmai era molto serio, preoccupato, ma risoluto. Il lupo grigio ai suoi piedi fissò Regina. Aveva un occhio rosso e uno nero.
- Abbiamo inviato un messaggio a Cora e Tremotino, tramite Lancillotto. – annunciò Artù, quando furono nella sua tenda. Il re aveva permesso solo a Merlino di entrare con lui.
- Riesco ad immaginare quale sia stata la risposta di mia madre. – disse Regina, cercando di controllare la propria furia.
- C’è stata risposta. – disse Artù. – Avevo chiesto al consigliere e all’usurpatrice di ammettere le loro colpe. Se si fossero semplicemente consegnati, non avremmo attaccato la città, evitando uno spargimento di sangue.
- Mia madre ne avrà riso.
- Sono sicuro di sì. – confermò Artù. – E anche il suo consigliere, ma lo avevamo calcolato. Stavamo prendendo tempo. Aspettavamo voi.
- Ci dispiace, sire. – disse Emma. – Sono successe molte cose da quando abbiamo lasciato Avalon.
- Lo posso immaginare. Non c’è bisogno che ti giustifichi. Misthaven è una foresta infida.
- Qual è stata la risposta, quindi? – domandò Regina, con impazienza. Immaginava di non dover parlare in quel modo ad un re, ma non era riuscita a trattenersi. Avevano percorso l’ultimo tratto di strada da Oxenorth in meno tempo di quanto avessero prefissato. Nel giro di due giorni erano arrivati nei pressi di Nymeria e si erano dirette alla Valle di Yei, il posto più adatto per nascondere un esercito. Quando erano arrivate non avevano visto niente, ma Regina aveva percepito che c’era un incantesimo di protezione. Lo sentiva nell’aria. Poi alcune guardie avevano urlato l’altolà, comparendo dal nulla con le spade in pugno.
Le sembrava che fossero trascorsi anni da quando aveva lasciato Nymeria.
- Ovviamente non intendono arrendersi. Pensano di avere la situazione in pugno. – rispose Artù. Fece un cenno a Merlino, che passò loro un rotolo di pergamena. Era stato chiuso da un sigillo di ceralacca, che ora era spezzato a metà. – Però accettano una condizione che avevo aggiunto al messaggio.
Regina srotolò la pergamena.
Lascerò che mia figlia venga. E che parli alla gente.
- Non pensate che possa essere una trappola? – domandò Emma.
- Certo, è possibile. Ma ritengo che Cora non cercherà di ucciderti davanti a tutti e nemmeno Tremotino. Non credo nemmeno che il suo piano sia ucciderti.
- No, infatti. Mi prenderà e me la farà pagare come solo lei sa fare.
- Ma deve riuscirci, prima.
Artù le mise al corrente anche dei due messaggeri inviati dal comandante delle guardie pochi giorni prima, Will e Jim. Raccontò di come Merlino avesse raggiunto Daniel e gli avesse raccontato la verità. Tre gruppi di persone, che non potevano combattere, erano già uscite dalla città e si erano rifugiate in un insediamento vicino, ma molti altri erano rimasti. Volevano combattere e Artù non aveva idea di come si sarebbero schierati.
Emma guardò Regina. Merlino si accarezzò la barba.
- Parlerò alla mia gente. – disse. – Entrerò a Nymeria e parlerò alla mia gente. Mia madre racconterà le sue menzogne. Il consigliere anche. Io racconterò solo la verità. Starà al popolo decidere.
- Questo è giusto. – commentò Merlino. – Molto saggio.



Nymeria. Regno di Mehlinus. Nord.

I bambini arrivarono molto presto per assistere al discorso delle due regine.
Erano già sulla piazza del mercato a tirare sassi ai cani, a scimmiottare i mendicanti e ad azzuffarsi quando i primi gruppi di persone presero posto. Alcuni erano armati. Tenevano i coltelli nelle maniche o le mani sull’elsa delle spade che portavano al fianco. Quelli che non potevano permettersi una spada, avevano armi più rudimentali, come i falcioni, i coltelli per tagliare il pane o delle balestre. Si guardavano in cagnesco. Sembravano pronti alla rivolta, ma anche ad ascoltare ciò che le regine avevano da dire. Alcuni sapevano che il comandante aveva fatto uscire parecchie persone e le aveva nascoste vicino a Nymeria, quindi era chiaro che sarebbe scoppiata una sanguinosa battaglia.
Si fermarono a una certa distanza dal palco, sorvegliato dalle guardie in armatura nera. Tremotino era già arrivato e se ne stava con una spalla appoggiata a un palo di legno, le caviglie incrociate e le braccia conserte. Teneva in bocca un filo d’erba e la sua espressione era quasi trionfante.
Poi sul palco salirono un paio di guardie.
La regina Cora comparve un attimo dopo, ma non arrivò a piedi. Fu preceduta da una magica nube viola.
La gente borbottò. Le prime file oscillarono e indietreggiarono, spintonando quelli dietro di loro. Qualche bambino lanciò un grido.
- Se scoppia una rivolta, sarà un disastro. Non ci sono abbastanza uomini. – mormorò Will Nightshade, osservando la folla.
- Dipende da cosa diranno le regine, suppongo. – rispose Jim. Lanciò un’occhiata al comandante. Daniel aveva un’aria pensosa. Era molto provato, aveva gli occhi segnati da ombre scure, ma nel complesso stava bene. Se Cora e Tremotino si erano accorti di ciò che aveva fatto, dovevano aver deciso di punirlo in seguito, semmai avessero vinto.
Infine arrivò la figlia di Cora. Regina non usò la magia. Giunse a cavallo di Rocinante, agghindata nella sua armatura nera e accompagnata da due cavalieri. La massa di gente si aprì per lasciarla passare.
- Figlia mia. – iniziò Cora. Si permise addirittura di sorridere. – Vorrei dirti che sono felice di vederti, ma come potrei, dato che hai tramato contro di me?
Daniel guardò Regina salire sul palco. Lei lo vide e gli sorrise. Il comandante le rispose con un cenno del capo, appena percettibile.
- Tramato? – rispose Regina, con calma. – Siete Voi che avete tramato per anni, madre. Avete attaccato un regno a tradimento. Avete massacrato i sovrani di Anatlon. Avete massacrato la loro gente. Avete ridotto in cenere Snowing Castle e molti villaggi del sud. Siete colpevole di tradimento tanto quanto lady Morgause e il consigliere. Ma Vi è sfuggito un particolare. La legittima regina di Anatlon è viva e si riprenderà ciò che le spetta.
La gente mormorò. Si diffuse un brusio. Si levarono esclamazioni di stupore.
- Non ho fatto nulla di simile. – ribatté Cora. E ovviamente ripeté la menzogna che aveva raccontato. Henry ucciso da re David in duello, Anatlon che chiedeva aiuto per poi attaccare gli uomini che erano accorsi per dare una mano dopo l’inondazione. Disse che era stata costretta a ritirarsi perché era gravemente ferita e aveva creduto di morire. Sua figlia aveva cercato di stanarla e l’aveva accusata di tradimento.
- Avevo appena dodici anni quando sono salita al trono! Credevo che tu fossi morta! Lo credevano tutti. – gridò Regina, gli occhi piedi di furia.
- Sei sempre stata molto ambiziosa. Avevi fretta di salire al trono.
- Non ho mai avuto fretta, madre. Voi mi spingevate ad essere ambiziosa. Voi e Tremotino. Mi avete raccontato menzogne per tutta la vita. Mio padre era un uomo buono, ma non è mai stato un cavaliere e chi se lo ricorda può immaginare che io stia dicendo il vero. Questa spada non era sua! – Alzò il fodero di pelle nera, afferrò l’elsa della spada e la sguainò in parte perché tutti potessero vederla. La lama scintillò sotto i raggi del sole. - L’ha forgiata il consigliere Tremotino e ha usato un incantesimo perché io la portassi sempre con me e credessi ciecamente a ciò che mi veniva raccontato. Morgana Pendragon, la Somma Sacerdotessa di Avalon, ha sciolto l’incantesimo!
Ancora brusii, esclamazioni, qualcuno batté le mani e gridò.
- Morgana Pendragon è la sorella del re di Camelot ed è una maga potente. Può farti credere qualsiasi cosa, se lo vuole. – fu la risposta di Cora. Aveva quell’espressione dura, la stessa espressione minacciosa che aveva tutte le volte che lei non si comportava nel modo giusto. La stessa espressione che aveva ogni volta che si preparava a punirla. Strinse di più il bastone dorato con la sommità a forma di cobra. I piccoli occhi del serpente si illuminarono, diventando rossi. - Il re di Camelot è nemico di questo regno. È accampato nella Valle di Yei e vuole mettere a ferro e fuoco la mia città.
Stavolta si levarono molte più grida. Le persone parlarono tutte insieme e scoppiò un tafferuglio da qualche parte in mezzo alla folla. Le guardie intervennero.
- Sì! – confermò Regina, facendosi sentire sopra il baccano. – Sì, il re di Camelot è qui. Ma non è qui per prendere la città. È qui perché sa che Cora e Tremotino sono dei traditori. È qui per difendere la città e restituirla a me. È qui perché ha protetto l’erede di Anatlon e conosce la verità.
- Non c’era, allora. Non può conoscerla. Era un ragazzo di diciassette anni ed era appena stato incoronato.
- Non serve che ci fosse. L’erede di Anatlon ha visto tutto. I tuoi uomini hanno bruciato il castello. Hanno ucciso i suoi genitori. Era una bambina e ha visto gli orrori che tu hai perpetrato! – Aveva dimenticato la forma di cortesia.
- Io mi sono unicamente difesa. E l’erede di Anatlon, come hai detto tu, era una bambina. Avrà visto molta gente morire. Ed è vero. Molti dei miei uomini sono morti.
- Non l’ha visto solo lei, ma anche l’uomo che l’ha portata in salvo.
Tremotino non si era nemmeno mosso. Non aveva aperto bocca. Sogghignava. Regina aveva una gran voglia di colpirlo brutalmente e poi di gettarlo in pasto alla folla, ma sapeva di non poterselo permettere in quel momento. Allora raccontò la sua storia. Raccontò di suo padre e di come Cora l’avesse ucciso, attraverso il sicario, che poi era il gemello di re David. Parlò di ciò che Emma aveva visto a Snowing Castle quando la città era stata attaccata e del coinvolgimento della signora del Lothian, che si preparava ad attaccare Camelot. Rivelò che Cora si era nascosta a Ludinsford, prendendo le sembianze di milady Amara.
- La signora di Ludinsford è stata molto generosa e mi ha accolta, nascondendomi. Mi ha aiutata. Mi ha curata. È morta per cause naturali e prima di morire mi ha permesso di restare. – si giustificò Cora.
- Sono altre menzogne!
- Oh, lo sono?
- Popolo di Nymeria! – gridò Regina. – Io vi chiedo di scegliere. So che molti di voi non vogliono abbandonare la città.
Un vociare concitato. Molti confermarono, gridando. Regina vide qualche spada e dei falcioni che venivano sollevati.
- So che molti di voi vogliono combattere. Io ho fatto cose di cui non vado fiera. Ho fatto molte cose di cui mi pento. Poco importa che fossi influenzata dal mio consigliere o dall’incantesimo che lui ha usato su di me. E so che molti di voi sono arrabbiati.
Daniel scorse una donna in prima fila. Teneva per mano un ragazzino che doveva avere undici o dodici anni. L’aveva già notata e non aveva capito perché continuasse ad attirare la sua attenzione. Lo capì mentre ascoltava Regina incitare la folla. Quella donna non avrebbe dovuto trovarsi lì. L’aveva fatta uscire insieme al primo gruppo di persone. Aveva esitato un attimo prima di scendere nella cripta e lui le aveva detto di affrettarsi. Doveva essere tornata indietro. Probabilmente era entrata con i contadini che si recavano al mercato. Era tornata indietro... perché voleva ascoltare le due regine. Non era sicura di volersi schierare con l’attuale sovrana. E a giudicare dalla sua faccia, dubitava che avrebbe scelto Regina.
- Avete ragione. Sono disposta a ripagarvi e ad essere una regina migliore d’ora in avanti. Sono disposta a concedervi quello che mi chiederete.
Ascoltavano tutti attentamente. Gli occhi si spostavano da lei alla regina Cora.
- Combattete per me. Io ho molto da farmi perdonare, ma mia madre e il consigliere mi hanno ingannata per tutta la vita. Inganneranno anche voi.
- Sei stata crudele e lo sei stata per troppo tempo. – asserì Cora, con una calma glaciale. Sembrava che stesse cercando di far ragionare una persona che non era affatto lucida. – La gente se lo ricorda.
- La gente ricorda anche TE, madre!
La folla seguitava a mormorare. Daniel mise mano alla spada. Will e Jim si avvicinarono alle prime file, tenendo d’occhio le persone armate. Il consigliere Tremotino ora fissava il comandante. Sapeva benissimo che Daniel era dalla parte di Regina e Daniel ricambiò lo sguardo, fino a quando il consigliere non lo distolse per guardare la folla.
- Se sceglieranno te, sceglieranno la parte sbagliata. – disse Cora. Stavolta non lo disse ad alta voce. Nessuno la sentì, a parte Regina.
Ancora non poteva credere di aver amato una donna simile, di aver creduto alle sue menzogne, di aver sperato in un gesto di affetto sin da quando era bambina. Negli occhi di Cora non c’era alcun sentimento umano. E sentiva che una parte di sé continuava ad amarla. Continuava a volere l’affetto che lei non le aveva mai dimostrato.
Cacciò quella parte di sé in fondo al cuore, in un angolo buio.
- Tu sei indubbiamente la parte sbagliata, madre. Non hai mai amato nessuno, se non il potere. Vuoi possedere ogni cosa.
- E con ciò? Il potere è libertà.
- Ti garantisco che non ci riuscirai. Non distruggerai il mio regno. Non ti permetterò di uccidere le persone che amo.
- L’amore è debolezza. – replicò Cora. Le rivolse un sorriso, ma era come veder sorridere qualcuno che era stato troppo a lungo nelle tenebre e quindi non ricordava più come si facesse. - Questo ti sconfiggerà, Regina.
 
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CITAZIONE (Stephanie86 @ 27/8/2020, 15:36) 
Forse aveva già concepito il figlio di Artù. Certo, ormai Camelot aveva un erede. Artù avrebbe accolto Mordred e lo avrebbe riconosciuto.

Ma in quel caso nn diventerebbe lui il futuro re,essendo il primogenito? :huh:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 27/8/2020, 15:36) 
E per non parlare di quello che faranno a me.

Corsivo. :dottore:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 27/8/2020, 15:36) 
Se Lavik riusciva a metterle le mani addosso, sarebbe stata la fine.

"Fosse riuscito",direi. :dottore: :dottore:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 27/8/2020, 15:36) 
- La legittima regina!

Quando le vide, non seppe davvero dire se la gente stesse acclamando la sovrana di Mehlinus oppure l’erede di Anatlon.
Entrambe erano belle, in sella ai loro destrieri. Entrambe sembravano potenti e splendevano nelle loro armature. Quella di Regina era nera e lucente, con il mantello intessuto di fili viola e fissato alla base del collo con una spilla a forma di pantera. Emma era a capo scoperto, i fluenti capelli d’oro che le ricadevano sulle spalle come tante onde, la piastra pettorale smaltata e candida come neve, il cinturone di cuoio bianco con rifiniture dorate nel quale aveva riposto Narsil, la sua spada, e il mantello rosso che sventolava rapito dal vento, con il simbolo della sua famiglia, il Cigno. Vicine parevano in netto contrasto, eppure davano l’impressione di due grandi regine pronte per la guerra.

- Le legittime regine! -

:amore3: :B): :B): :rosa: :rosa: :fiori: :fiori:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 27/8/2020, 15:36) 
- Le legittime regine! - gridò Gawain, sollevando la spada.

"LUNGA VITA ALLE REGINE!^O^"

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CITAZIONE (Stephanie86 @ 27/8/2020, 15:36) 
- Parlerò alla mia gente. - disse Regina: - Entrerò a Nymeria e parlerò alla mia gente. Mia madre racconterà le sue menzogne. Il consigliere anche. Io racconterò solo la verità. Starà al popolo decidere.
- Questo è giusto. - commentò Merlino: - Molto saggio.

:scusa: :amore2:
Peccato ke il popolo spesso nn sia affatto saggio,ma sia solo un ammasso D pecoroni ignoranti. :arrabbiato2: Prevedo guai... :unsure:

CITAZIONE (Stephanie86 @ 27/8/2020, 15:36) 
- Morgana Pendragon è la sorella del Re di Camelot ed è una maga potente. Può farti credere qualsiasi cosa, se lo vuole. - fu la risposta di Cora. Aveva quell’espressione dura, la stessa espressione minacciosa che aveva tutte le volte che lei non si comportava nel modo giusto. La stessa espressione che aveva ogni volta che si preparava a punirla. Strinse di più il bastone dorato con la sommità a forma di cobra. I piccoli occhi del serpente si illuminarono, diventando rossi.

:sta-attento: :pauraaa:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 27/8/2020, 15:36) 
Daniel scorse una donna in prima fila. Teneva per mano un ragazzino che doveva avere undici o dodici anni. L’aveva già notata e non aveva capito perché continuasse ad attirare la sua attenzione. Lo capì mentre ascoltava Regina incitare la folla. Quella donna non avrebbe dovuto trovarsi lì. L’aveva fatta uscire insieme al primo gruppo di persone. Aveva esitato un attimo prima di scendere nella cripta e lui le aveva detto di affrettarsi. Doveva essere tornata indietro. Probabilmente era entrata con i contadini che si recavano al mercato. Era tornata indietro... perché voleva ascoltare le due regine. Non era sicura di volersi schierare con l’attuale sovrana. E a giudicare dalla sua faccia, dubitava che avrebbe scelto Regina.

X-S
CITAZIONE (Stephanie86 @ 27/8/2020, 15:36) 
- Sei stata crudele e lo sei stata per troppo tempo. - asserì Cora, con una calma glaciale. Sembrava che stesse cercando di far ragionare una persona che non era affatto lucida:

1)Se c'è qualcuno D"appannato",qua,6 tu! :sta-attento: 2)Nn è ke tu fossi propriamente un fiorellino D campo! <_<
CITAZIONE (Stephanie86 @ 27/8/2020, 15:36) 
- La gente se lo ricorda.
- La gente ricorda anche TE, madre!

Ah,ecco,appunto! >.<
CITAZIONE (Stephanie86 @ 27/8/2020, 15:36) 
- Se sceglieranno te, sceglieranno la parte sbagliata. - disse Cora. Stavolta non lo disse ad alta voce. Nessuno la sentì, a parte Regina.

"E' una minaccia,madre? :arrabbiato2: :sta-attento: "
CITAZIONE (Stephanie86 @ 27/8/2020, 15:36) 
Ancora non poteva credere di aver amato una donna simile, di aver creduto alle sue menzogne, di aver sperato in un gesto di affetto sin da quando era bambina. Negli occhi di Cora non c’era alcun sentimento umano. Eppure sentiva che una parte di sé continuava ad amarla. Continuava a volere l’affetto che lei non le aveva mai dimostrato.

X-(((
 
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view post Posted on 30/8/2020, 19:53
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Ma in quel caso nn diventerebbe lui il futuro re,essendo il primogenito? :huh:

Se Artù riconosce Mordred, lui diventa il primogenito e quindi l'erede al trono (anche se la nascita di un figlio di Artù e Ginevra potrebbe generare un conflitto in futuro). Anche il fratello di Ginevra non è legittimo, per dire, ma il padre l'ha riconosciuto ed è diventato il nuovo lord della sua regione.


_________________



45

OH MOTHER DON’T LIE





Camelot. Regno di Elohim. Est.

- Il nemico si avvicina rapidamente, mia signora. – annunciò uno degli esploratori che erano andati avanti a controllare l’esercito nemico.
Ginevra lo sapeva bene. Gli uomini sui camminamenti avevano avvistato una massa nera in lontananza. Veniva lentamente verso Camelot. Il nemico. Un brivido di paura la scosse. Cercò di riprendersi ma la paura non l’abbandonò. In qualche modo sapeva che sarebbe sparita solo con l’inizio del combattimento.
- Sai come sono disposti? – domandò la regina.
- Morgause guida l’esercito, mia signora. È a cavallo. Pare una regina. Beh... si comporta come se lo fosse. Lei è al centro. Dietro ha... quegli uomini-ombra.
- Già. E Lavik?
- Lord Lavik è sul fianco sinistro, comanda i suoi uomini più un piccolo esercito di mercenari. I mercenari sono a piedi.
- E chi hanno sul fianco destro?
- Arcieri. Quasi tutti a cavallo. Soldati esperti in sella a destrieri da guerra e anche fuorilegge. Hanno le facce dipinte. Come i barbari.
Sir Kay si introdusse nella discussione con cautela. - Sono i mercenari del nord. Li chiamano Diseredati. Hanno perso le loro terre.
- Uomini senza più radici, quindi. Immagino che siano soprattutto fedeli a loro stessi. – osservò Ginevra. – Morgause avrà promesso loro una parte del bottino. Saccheggeranno la città, se mai dovessero entrare e prenderla. Sono degli sciacalli. Come hai fatto a scoprire tutte queste cose, esploratore?
- Mi sono avventurato nel campo nemico e ho ascoltato, mia signora. Non metto la mano sul fuoco. Potrebbero aver cambiato strategia nel frattempo.
Ginevra notò che portava il simbolo di lord Ban sul dorso del guanto nero. Un’aquila che stringeva un pesce tra gli artigli. Ban di Benwick era il padre di Lancillotto ed era stato uno dei primi a rispondere alla chiamata di Artù. - Ci vuole molto sangue freddo. Come ti chiami?
- Bedwyr, mia signora. – rispose l’esploratore. Era un ragazzo alto e biondo. Non aveva più di vent’anni. - Vengo dal Benwick. Qui molti mi chiamano Bedivere.
- Bene, Bedwyr. Ho l’impressione che ci sia qualcos’altro che vuoi dirmi.
- Sì, mia signora. Con il dovuto rispetto, se è possibile parlarvi in privato...
Sir Kay sollevò un sopracciglio. Lo guardò, circospetto. Bedwyr aveva una spada, ma non indossava l’armatura e non aveva un’aria minacciosa. Il mantello azzurro era polveroso e un po’ sbrindellato.
- Mi fido di sir Kay. È il fratello adottivo del re. Puoi parlare tranquillamente. – rispose Ginevra.
- Chiedo perdono. – Bedwyr esitò un istante. - C’è un traditore nelle Vostre file, mia signora.
Sir Kay sbarrò gli occhi. – Un traditore!
- Una spia. L’ho sentito quando ero al campo.
- Sai anche il suo nome? – domandò Ginevra. Avrebbe dovuto aspettarselo, che ci fossero altre spie.
- Certo, mia signora.


- Griflet. – disse Ginevra.
Lo scudiero di Artù, molto spesso chiamato solo Grif, stava lucidando alcune armature in una tenda. La guardò, interrogativo, gli occhi scuri leggermente sgranati. Ginevra notò immediatamente i segni della stanchezza sul suo viso. Aveva la barba rossiccia di qualche giorno, i capelli arruffati e le labbra screpolate. Era scudiero da quando era un ragazzino, ma non aveva mai dimostrato doti particolari che potessero spingere Artù a nominarlo cavaliere. Come scudiero, però, era sempre stato molto efficiente.
- Mia regina... – disse lui, inchinandosi.
- Devo domandarti una cosa.
- Certo, tutto quello che desiderate.
Sir Kay avanzò e, prima che Grif potesse muovere un passo, lo aveva già colpito al volto con il guanto corazzato. Lo scudiero gridò e alzò le braccia per proteggersi.
- Perché? – chiese Ginevra. La rabbia le faceva ribollire il sangue nelle vene. Era furiosa con se stessa per non aver badato troppo a quello scudiero che passava sempre inosservato ed era furiosa con Grif perché Artù lo aveva sempre trattato con gentilezza. Trovava assurdo che si fosse rivelato un voltagabbana. - Questo voglio sapere. Perché?
Sir Kay lo prese per la casacca rossa che indossava e lo strattonò come una bambola di pezza. – Rispondi alla regina, traditore!
Grif le rivolse un’occhiata astiosa. – Sono stanco di come vengo trattato. Mi sono spezzato la schiena per Artù. Per amore di Camelot!
- Come sei stato trattato? – gridò Ginevra. Lo colpì di nuovo. Lo schiaffeggiò così forte che si fece male alla mano. – Artù ti ha sempre trattato con gentilezza. È stato buono con te. Sei il suo scudiero. Sei anche il ciambellano. Ti ha permesso di proteggere il forziere con le reliquie! È un compito molto importante. E ti ha dato una casa.
- Io volevo essere cavaliere!
- Non hai le capacità di un cavaliere, ecco perché non lo sei diventato. Sei comunque lo scudiero di Artù.
- Non mi ha neppure voluto con sé quando è partito per il nord.
- E lo capisco bene, ora! Io credo che lui avesse intuito che non poteva fidarsi di te. Non ne era sicuro e non poteva accusarti apertamente, ma di certo aveva il sentore che non fossi sincero. – Ginevra si chinò e lo fissò dritto negli occhi. – Come ha fatto Morgause ad arrivare a te? Non ti chiederò cosa ti ha promesso, presumo che avrai una parte del bottino nel caso in cui dovesse vincere, ma... voglio sapere come è arrivata a te.
Grif esitò. Si morse le labbra. – Sono il figlio di lord Lot.
Ginevra aggrottò la fronte.
- Sei il figlio bastardo, vuoi dire! – esclamò sir Kay. – Lord Lot ne aveva almeno una decina.
- Sì, sono illegittimo! Anche Galahad è illegittimo, eppure è un cavaliere!
- Galahad è figlio di sir Lancillotto ed è stato riconosciuto. Oltretutto è molto più in gamba di te. Nessuno dei figli non legittimi di Lot è stato riconosciuto. Non avresti avuto niente se fossi rimasto nel Lothian, quindi sei venuto a est e in un certo senso hai avuto fortuna. Anche troppa! Ed ora... ritorni da Morgause. Che idiozia. Giustiziamolo, mia regina.
Grif impallidì, ma non disse una parola.
- Subirà un processo e verrà giudicato da Artù e dai suoi cavalieri. – decise Ginevra. – Per ora buttiamolo nelle segrete. Pane e acqua. Niente più di questo.
- Avrà rivelato il nostro schieramento in battaglia, mia regina. – le fece notare sir Kay.
- Naturalmente. E noi lo cambieremo.



Valle di Yei. Regno di Mehlinus. Nord.

- Lancillotto. – disse il re, chino sulla mappa di Nymeria che gli aveva fornito Regina. – Tu e gli uomini che ti ho assegnato sarete in prima linea, alla mia sinistra.
Era una decisione ovvia; Lancillotto era il comandante della sua guardia. Non poteva che essere schierato accanto al re. Lancillotto si limitò ad annuire. Galahad faceva parte del fianco sinistro, proprio come il padre.
- Gawain.
- Mio signore e re. – disse il cugino di Artù.
- Anche tu starai a sinistra, con gli uomini di Mida, ma dietro a Lancillotto e ai suoi uomini. – Poi si rivolse ad Emma e a Regina. – Vorrei che voi faceste parte dell’ala destra. Sarete in prima linea e sarete esposte...
- Va bene. – disse Emma, subito. Sapeva di correre un grosso rischio, essendo schierata di fianco al re e in prima linea, ma era pronta a qualsiasi cosa. – Questo è un grande onore.
- Tu sei una regina. L’onore è anche mio. – ribatté Artù, sorridendo.
Regina si disse d’accordo, a sua volta. Non avrebbe accettato una collocazione diversa.
- Io starò al centro, a piedi e con i fanti. – annunciò Artù.
Emma stava quasi per replicare, ma strinse le labbra. Era sempre meglio stare a cavallo finché si poteva. Agravain sarebbe stato subito dietro di lui con altri uomini appiedati, ma Artù si era posto nella posizione più pericolosa. Lo capiva, era il re e molti lo avrebbero visto, giudicando il suo comportamento, ma lei avrebbe preferito che stesse a cavallo. Poi ricordò che Artù aveva Excalibur. Se era vero ciò che si diceva, finché avesse tenuto il fodero, che era magico quanto la spada, non avrebbe perso molto sangue, nel caso lo avessero ferito.
- I cittadini di Nymeria che hanno giurato fedeltà a me e a Regina formeranno la retroguardia. – disse Artù.
Quella era una decisione dettata sia del buon senso militare che dalla compassione. I cittadini che potevano combattere erano armati alla meno peggio, alcuni montavano ronzini da tiro, ma altri erano anche appiedati, non avevano mai combattuto in vita loro e nella retroguardia avrebbero subito poche perdite.
- Lilith, vorrei che tu stessi con loro e li proteggessi, finché ti sarà possibile.
Lilith non sembrava particolarmente contenta di stare nella retroguardia, ma Emma pensava fosse una decisione sensata. Era un drago. Probabilmente sapeva combattere meglio di quelle persone, ma anche lei sarebbe stata a piedi e non aveva l’esperienza di molti soldati che combattevano in prima linea. Avrebbe potuto trasformarsi in qualsiasi momento, se lo avesse ritenuto necessario.
- Graham, invece... vorrei che stessi dietro, ma davanti alla retroguardia con il tuo Branco.
Graham non ebbe nulla da obiettare. Chiese il permesso di uscire per organizzare il gruppo e se ne andò.
- Regina, so che tua madre potrebbe usare un incantesimo per creare delle... ombre. Ombre capaci di combattere, ma pur sempre ombre.
- Sì. Potrebbe. Ma è un incantesimo che porta via molte energie. Potrebbe creare un contingente di ombre e alimentarlo per un po’. Sono convinta che...
- Che voglia uccidermi di persona e poi occuparsi di Regina. – concluse Emma per lei. – Se qualcuno mi ucciderà prima, ben venga per lei, immagino.
- Le ombre si uccidono mozzando loro il capo. – disse Regina. – Io non conosco bene quell’incantesimo, sire...
- Non voglio ombre nel mio esercito. – asserì Artù con vigore.
Molti dei suoi cavalieri furono d’accordo con lui, borbottarono e annuirono.
- Posso fare qualcos’altro, però. Posso... creare delle creature che seguiranno i miei comandi.
- Creature? – Agravain non capiva. Era proprio accanto a Regina e la differenza di statura era abissale. Il cavaliere sembrava una montagna e la sovrana di Mehlinus dovette alzare la testa per guardarlo in faccia.
- Chimere.
- Abbiamo due draghi. – disse Agravain.
Emma seppe solo in quel momento che c’era anche un secondo drago e subito guardò Galahad. Lui sembrò preoccupato.
- Già. Ma qualche aiuto in più ci farebbe comodo. – osservò Artù. Era un po’ allibito. Conosceva quelle creature solo attraverso delle leggende e la sola idea che facessero parte del suo esercito lo turbava, ma gli sembrava anche una buona arma. - Mi sta bene.


Quella sera molti fuochi ardevano in vari punti del campo, illuminando la Valle di Yei.
Si respirava la tensione per la battaglia imminente, ma anche una strana eccitazione. Molti uomini scherzavano, scambiandosi battute sconce. Altri affilavano le lame delle loro spade, in silenzio.
Regina sedeva da sola, osservando le fiamme. Due lupi rossicci del Branco di Graham, Phao e Phaona, sembravano scrutarla sotto le palpebre abbassate, le teste appoggiate alle zampe.
Immaginava Nymeria che bruciava. Era qualcosa che poteva succedere. La sua città poteva bruciare l’indomani, com’era bruciata Snowing Castle. Qualcosa poteva andare storto, qualsiasi cosa. Tremotino e Cora potevano avere assi nella manica dei quali nessuno era a conoscenza. Lei avrebbe potuto esitare davanti a sua madre. Non avrebbe esitato davanti a Tremotino, ne era sicura. Ma davanti a Cora... se avesse esitato sarebbe stata la fine non solo per lei, ma anche per Emma. Ed Emma era la donna che amava, la donna che voleva accanto a sé per il resto della sua vita. Se fosse morta, non solo Cora si sarebbe presa il suo regno, ma quello di Emma sarebbe rimasto ciò che era ora, un ammasso di macerie. Sua madre sarebbe stata capace di conquistare ogni regno esistente. Non si fermava davanti a nulla.
In quel momento, come presa da un’improvvisa ispirazione, ricordò una melodia che suo padre le cantava quando era bambina. Era sicura che parlasse di un re tiranno, che aveva ingannato la sua gente, ma quando iniziò a cantare, aveva solo sua madre in mente.

Udite udite, si parla a gran voce
di una grande menzogna e di un’ingiustizia atroce
Si inizia la battaglia uniti tutti quanti
Lottiamo contro il Cobra o vivremo di rimpianti

Lottiamo giorno e notte
contro chi ci sfotte
da noi non puoi fuggire
oh, madre non mentire!


- Ehi. – disse Emma, avvicinandosi. Indossava ancora l’armatura. Era stupita di sentirla cantare. Non molti giorni prima Regina le aveva detto che la Emma canterina non era certo la sua versione preferita di lei, invece ad Emma piacque la voce di Regina. Era alta e pura.
- Ehi. – rispose Regina, ma con un tono di voce un po’ seccato. Continuò a fissare le fiamme. Emma sedette accanto a lei, ma era rimasta in silenzio. Regina allungò una mano e trovò la sua, stringendola saldamente.
- Canti bene.
Regina strinse le labbra. Poco più in là la lupa Phaona sbadigliò. Rama, il lupo mansueto di Peter, si avvicinò ai due rossicci, che erano madre e figlio, e si accoccolò vicino a loro. Il ragazzo e Ruby, la sua compagna, sedevano vicini su una pietra. Lui le accarezzava i capelli, ma entrambi guardavano loro, da quando Regina aveva iniziato a cantare.
- Già. Sono proprio una stupida, vero?
- Che cosa vuoi dire? – chiese Emma.
- Le ho voluto bene sempre, pur sapendo che non fosse affatto buona. Non mi ha mai dimostrato il suo affetto, non credo sia capace di provare sentimenti normali, eppure... eppure l’ho sempre amata. Anche ieri... quando l’ho rivista... una parte di me sperava che... non lo so, speravo di vedere qualcosa. Qualcosa che mi facesse capire che, forse, almeno un po’, mi aveva amata.
Emma annuì, comprensiva. Le baciò la mano. – Non sei affatto stupida. Hai un cuore. Al contrario di Cora.
- Domani probabilmente dovrò ucciderla. No... so che dovrò farlo, altrimenti tutto questo non finirà mai. Però quella parte di me... ha paura. Ha paura che non riuscirà mai a farlo.
- Ci sarò io lì con te, Regina. Non l’affronterai da sola.
- Lo so. È anche per questo che ho paura. Lei... è capace di convincere chiunque di qualsiasi cosa.
- Allora... cantiamo. Continua, ti prego.
Regina riprese a cantare.

Lottiamo giorno e notte
contro menti corrotte
insieme dobbiamo agire
oh, madre non mentire!

Tortura e ammazza ma è una brava sovrana
speriamo che capiti sotto una frana
Madre stai attenta alla nostra afflizione
se scherzi col fuoco t’aspetta l’abdicazione


Killian Jones e suo fratello le osservavano, divertiti, ma non sembrava si stessero prendendo gioco di loro. Si dividevano una fiaschetta di rum e Killian la sollevò, aspettando il resto della canzone.
Quando Regina attaccò con il ritornello, Emma cantò insieme a lei.

Lottiamo giorno e notte
contro chi ci sfotte
da noi non puoi fuggire
oh, madre non mentire

Lottiamo giorno e notte
contro menti corrotte
insieme dobbiamo agire
oh, madre non mentire


Emma ripeteva il nome di Cora anziché dire oh madre come faceva lei e Regina avvertì la rabbia nella sua voce. Tutto sommato la Emma canterina non le dispiaceva poi così tanto.

Da Camelot alla Foresta, da Yei alla Grande Roccia
per il popolo esausto è l’ultima goccia
Un piccolo monito giunge infine
se la gente combatte per voi è la fine!

Lottiamo giorno e notte
contro chi ci sfotte
da noi non puoi fuggire
oh, madre non mentire


Ripeterono il ritornello diverse volte e, alla fine, quando le voci si spensero molti le stavano guardando e si guadagnarono anche un applauso.



Nymeria. Regno di Mehlinus. Nord.

- Quindi... anche voi vorreste combattere per me. – disse la regina Cora, guardando gli ultimi due postulanti.
- Sì... Maestà. – rispose la donna. Aveva i capelli bruni, lunghi e scarmigliati, con un’attaccatura a punta sulla fronte, anche se la cosa che saltava più all’occhio era il suo sguardo. Le iridi erano di un sorprendente colore dorato, così penetranti e piene di furia che Cora non dubitava che avessero molto da raccontare. Teneva per mano un ragazzino di dodici anni, che non aveva aperto bocca, ma guardava la sala del trono con gli occhi sbarrati. Era gracile e pallido. I vestiti gli pendevano addosso. Aveva tutta l’aria di voler scappare il più lontano possibile, ma rimaneva per la madre.
Cora sedeva sul trono che era stato di Regina. Tremotino ridacchiò. Se ne stava sul bracciolo e dondolava una gamba.
- Quindi non credete nelle parole di mia figlia?
- Non ho motivi che mi spingono a crederle. – La donna pensò anche di dirle che aveva lasciato la città insieme ad altri, guidata dal comandante Daniel, ma non voleva mettere quell’uomo in difficoltà. Era stato buono. Era gentile. Era solo un peccato che si fosse schierato dalla parte sbagliata. L’aveva notata durante il discorso che le due sovrane avevano tenuto in piazza. Non si era nascosta, si era messa appositamente in prima fila. - Io so di che cosa è capace. L’ho vissuto in prima persona.
Cora parve interessata. - Mi racconti.
- Vostra figlia... ha ucciso mio marito. Lui era... era un soldato. Faceva parte della sua guardia. – disse la donna, stringendo le spalle del figlio. – Non... non era un ladro, né un traditore, né tantomeno un assassino. Era un uomo buono. Ha solo fatto una cosa sciocca. Ha... parlando con altri uomini, ha fatto qualche battuta sulla regina... cioè Vostra figlia. Lei lo ha scoperto e lo ha punito per averle mancato di rispetto. Lo ha fatto frustare. Le ferite si sono infettate ed è subentrata la febbre.
- Sono davvero addolorata. – disse Cora.
Ma certo, pensò Tremotino. Molto addolorata. Mi ricordo di quell’uomo. Le ho suggerito io di frustarlo.
- Se è la vendetta ciò che cercate, io posso aiutarvi. Ma dovete fidarvi di me. Del mio potere. – Cora scese dal trono e si avvicinò ai due postulanti.
- Mio figlio è troppo giovane per combattere, ma se c’è qualcosa... qualsiasi cosa che io possa fare per aiutarvi... la farò.
- Sì, è troppo giovane. Ma io vi renderò... più forti. Io vi renderò... capaci di combattere. Nel mio esercito c’è posto per tutti.
- Non ho mai impugnato un’arma, Maestà.
- Non sarà necessario. Ho in mente qualcos’altro per voi. Se me lo permettete, dobbiamo agire ora. Domani arriveranno. Metteranno la città a ferro e fuoco. Se volete sopravvivere, dovrete accettare la mia offerta.
- Va bene.
Tremotino riconobbe le parole dell’incantesimo non appena le udì. Sapeva che cosa stava facendo Cora e non poté trattenere una risatina sguaiata. Pronunciava la formula nella Lingua Antica e i due postulanti erano più che mai confusi.
- Madre... ho paura. – disse il ragazzino, iniziando ad indietreggiare.
Infine una nube oscura li avvolse e da essa emersero gli yaoguai.
La madre era più grande del figlio di dodici anni. Un enorme demone nero, con gli occhi di brace, una collana di fiamme intorno alla testa enorme, le fauci sbavanti e le grosse zampe che artigliavano il pavimento. Spalancò la bocca canina e cacciò un ruggito. Scrollò la testa, come se volesse liberarsi delle fiamme che le circondavano il collo. L’altro si fece prendere dal panico e urtò la madre, sollevò una zampa e cercò di colpire Cora, che indietreggiò e poi urlò una parola magica.
I due yaoguai la fissarono, obbedienti.
- Io sono la vostra regina. – disse Cora, guardandoli severamente. – Voi obbedirete soltanto a me. In caso contrario, morirete.

___________



;P

Ecco da dove viene la canzone di Regina:


https://youtu.be/59Iz6xMZHyA




ARE U READY FOR THE FINAL BATTLE? Se fossi in voi non lo sarei... -_-
 
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CITAZIONE (Stephanie86 @ 30/8/2020, 20:53) 
- Griflet. - disse Ginevra.
Lo scudiero di Artù, molto spesso chiamato solo Grif

"GRIFFIIIIITH!!!>O<"
CITAZIONE (Stephanie86 @ 30/8/2020, 20:53) 
Perché?

- Sono stanco di come vengo trattato. Mi sono spezzato la schiena per Artù. Per amore di Camelot!
- Come sei stato trattato? - gridò Ginevra. Lo colpì di nuovo. Lo schiaffeggiò così forte che si fece male alla mano: - Artù ti ha sempre trattato con gentilezza. È stato buono con te. Sei il suo scudiero. Sei anche il ciambellano. Ti ha permesso di proteggere il forziere con le reliquie! È un compito molto importante. E ti ha dato una casa.
- Io volevo essere cavaliere!
- Non hai le capacità di un cavaliere, ecco perché non lo sei diventato. Sei comunque lo scudiero di Artù.

Oh,ciao,Efialte,nn sapevo ke C fossi anche tu nel film!X-P
CITAZIONE (Stephanie86 @ 30/8/2020, 20:53) 
- Sono il figlio di Lord Lot.
Ginevra aggrottò la fronte.
- Sei il figlio bastardo, vuoi dire! - esclamò sir Kay: - Lord Lot ne aveva almeno una decina.
- Sì, sono illegittimo! Anche Galahad è illegittimo, eppure è un cavaliere!
- Galahad è figlio di Sir Lancillotto ed è stato riconosciuto. Oltretutto è molto più in gamba di te. Nessuno dei figli non legittimi di Lot è stato riconosciuto.

Sì,cmq,adesso..tralasciando la meritocrazia(in termini D talento),possiamo convenire ke è una gran bastardata penalizzare i figli D un rapporto illegittimo?I figli nn chiedono D nascere,sono i padri ke se la spassano e poi nn vogliono affrontare le conseguenze! :arrabbiato: Tra l'altro,restando in tema,è assurdo ke il termine"bastardo"(e derivati)sia usato come un insulto,visto ke i bastardi sono,x l'appunto,i figli senza colpa e nn i padri fedifraghi!E' lo stesso tipo D ingiustizia x cui C sono 10mila sinonimi x la parola"puttana",ma già è tanto se una volta su 1000 si sente usare la parola"puttaniere". :viaaa...: Come se la persona da biasimare fosse la prostituta e nn quello ke C va,magari tradendo la moglie! :arrabbiato3:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 30/8/2020, 20:53) 
Quella era una decisione dettata sia del buon senso militare che dalla compassione.

*dal
CITAZIONE (Stephanie86 @ 30/8/2020, 20:53) 
Udite udite, si parla a gran voce
di una grande menzogna e di un’ingiustizia atroce
Si inizia la battaglia uniti tutti quanti
Lottiamo contro il Cobra o vivremo di rimpianti

Lottiamo giorno e notte
contro chi ci sfotte
da noi non puoi fuggire
oh, madre non mentire!

Quindi la parte su Amara l'abbiamo saltata del tutto e cambiato l'origine della canzone. :( Sigh...poco male,ma un pochino mi dispiace... :unsure:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 30/8/2020, 20:53) 
- Ehi. . disse Emma, avvicinandosi. Indossava ancora l’armatura. Era stupita di sentirla cantare. Non molti giorni prima Regina le aveva detto che la Emma canterina non era certo la sua versione preferita di lei, invece ad Emma piacque la voce di Regina. Era alta e pura.
- Ehi. - rispose Regina, ma con un tono di voce un po’ seccato. Continuò a fissare le fiamme. Emma sedette accanto a lei, ma era rimasta in silenzio. Regina allungò una mano e trovò la sua, stringendola saldamente.
- Canti bene.

:amore2:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 30/8/2020, 20:53) 
Tortura e ammazza ma è una brava sovrana
speriamo che capiti sotto una frana

SAVAGE! :B): X) Mi ero scordato come continuasse la canzone!Ma,a maggior ragione,mi fa un po' strano pensare ke se la sia inventata Regina sul momento(se la canzone originale era su un sovrano nn poteva esserci la rima con"frana"...;-P), avrebbe avuto + senso se se la fosse inventata il popolo parlando D"Amara"e poi Regina l'avesse adattata sostituendo Amara con sua madre.O,ancora meglio,Emma avrebbe potuto sostituire Amara con"Cora"e Regina si sarebbe accodata dicendo"oh,madre". Così l'avevo concepita,io. :dottore:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 30/8/2020, 20:53) 
Ripeterono il ritornello diverse volte e, alla fine, quando le voci si spensero molti le stavano guardando e si guadagnarono anche un applauso.

:fiori: :fiori: :fiori: :fiori: :fiori:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 30/8/2020, 20:53) 
la cosa che saltava più all’occhio era il suo sguardo. Le iridi erano di un sorprendente colore dorato

ESSERE ERETICO!!! :o:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 30/8/2020, 20:53) 
Cora sedeva sul trono che era stato di Regina.

:viaaa...:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 30/8/2020, 20:53) 
La donna pensò anche di dirle che aveva lasciato la città insieme ad altri, guidata dal comandante Daniel, ma non voleva mettere quell’uomo in difficoltà. Era stato buono. Era gentile. Era solo un peccato che si fosse schierato dalla parte sbagliata.

- Vostra figlia... ha ucciso mio marito. Lui era... era un soldato. Faceva parte della sua guardia. - disse la donna, stringendo le spalle del figlio: - Non... non era un ladro, né un traditore, né tantomeno un assassino. Era un uomo buono. Ha solo fatto una cosa sciocca. Ha... parlando con altri uomini, ha fatto qualche battuta sulla regina... cioè Vostra figlia. Lei lo ha scoperto e lo ha punito per averle mancato di rispetto. Lo ha fatto frustare. Le ferite si sono infettate ed è subentrata la febbre.

X-(((
CITAZIONE (Stephanie86 @ 30/8/2020, 20:53) 
- Sono davvero addolorata. - disse Cora.

Oeh,certo,immagino. <_<
CITAZIONE (Stephanie86 @ 30/8/2020, 20:53) 
"Mi ricordo di quell’uomo. Le ho suggerito io di frustarlo."

:arrabbiato3:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 30/8/2020, 20:53) 
- Io sono la vostra regina. - disse Cora, guardandoli severamente: - Voi obbedirete soltanto a me. In caso contrario, morirete.

tenor
No,scherzo :-S,xò cmq...ma va' a mori' avadata!! :arrabbiato: :arrabbiato3:

CITAZIONE (Stephanie86 @ 30/8/2020, 20:53) 
ARE U READY FOR THE FINAL BATTLE? Se fossi in voi non lo sarei... -_-

:urgh:
 
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*va a vedere su wikipedia chi sia Efialte perché in questo momento le sfugge*

Ah, ecco. -_-

Cioè, ce ne sono stati diversi, in realtà, ma presumo che tu stia parlando di Efialte di Trachis. Ma sarà mica il tipo che si vede anche in quell'episodio di Xena, nella terza stagione, quello in cui Olimpia viene ferita da una freccia avvelenata e Xena si batte contro settantodici soldati persiani?


CITAZIONE
SAVAGE! :B): X) Mi ero scordato come continuasse la canzone!Ma,a maggior ragione,mi fa un po' strano pensare ke se la sia inventata Regina sul momento(se la canzone originale era su un sovrano nn poteva esserci la rima con"frana"...;-P), avrebbe avuto + senso se se la fosse inventata il popolo parlando D"Amara"e poi Regina l'avesse adattata sostituendo Amara con sua madre.O,ancora meglio,Emma avrebbe potuto sostituire Amara con"Cora"e Regina si sarebbe accodata dicendo"oh,madre". Così l'avevo concepita,io. :dottore:

Yes, I know... ma la verità pura e semplice è che non sapevo come inserire entrambe le versioni nella storia. Avevo le cose in mente così e alla fine le ho scritte così.
Però si può modificare il re tiranno in una "sovrana tiranna" (non avevo pensato al fatto della rima effettivamente).

_________________



46

FIELDS OF BLOOD




https://youtu.be/ZZ97crvBpzg





Era il momento in cui gli uomini cominciavano ad avere paura.
Mancava ancora più un miglio a Nymeria, ma Emma poteva avvertire l’odore del terrore e l’eccitazione che serpeggiava, nonostante quasi tutti fossero in silenzio.
Merlino, che era rimasto su una collina nei pressi della Valle di Yei, da dove poteva vedere Nymeria, aveva scrutato con il suo terzo occhio, l’occhio della mente, lo schieramento dell’esercito di Cora e Tremotino. Erano usciti dalla città alla spicciolata e si erano sistemati in tre colonne ordinate. C’erano soldati in armatura nera e uomini ombra, distinguibili dai veri soldati perché erano a piedi, si muovevano tutti nello stesso modo e guardavano dritto davanti a loro. Gli elmi a tre rostri lasciavano scoperti solo gli occhi. I loro sguardi erano freddi, senza vita, eppure vedevano bene e sapevano cosa colpire.
All’esercito si erano uniti anche cento o più abitanti di Nymeria, armati alla meno peggio proprio come i civili che formavano la retroguardia dell’esercito di Artù. Sulle mura c’erano gli arcieri.
Il cielo era coperto, ma Merlino era sicuro che non ci sarebbe stata pioggia.
Emma guardò Regina. Sembrava molto concentrata, ma quando si accorse del suo sguardo, le sorrise e le rivolse un cenno del capo.
La sera prima, non appena era tornata nella sua tenda dopo essersi fermata a parlare con Graham e con alcuni membri del suo Branco, aveva trovato Regina ad aspettarla. Era sicura che si fosse già coricata, pensava che avessero tutti bisogno di riposare... invece, quando Emma aveva messo piede nella tenda, lei aveva lasciato cadere il mantello con il quale si stava coprendo. Sotto era nuda e la sua pelle, illuminata dalla luce emanata dalle candele, era ambrata. Emma l’aveva guardata a lungo, ammirando ogni curva del suo corpo, poi Regina le aveva stretto il viso tra le mani e l’aveva baciata con ardore.
- Ti amo. – le aveva detto, mentre iniziava a spogliarla.
Emma aveva sorriso, l’aveva attirata ancora più vicino a sé, mettendole una mano sulla schiena e le aveva baciato la cicatrice sul labbro superiore. – Lo so. E anch’io ti amo, mia regina.
- Avrei voluto dirtelo quella volta, a Findias. Ma non ce l’ho fatta. Tutto questo è...
- Non devi giustificarti. Lo capisco. – Emma la baciò sulla bocca e poi sul collo. – Sei bella.
- Quando sei tu a dirmelo, sento che lo sono davvero.
A Regina era parso di essere tornata in quel frutteto, a Findias. Ricercò quella sensazione, ora che si stava avvicinando alla sua città. Ora che era vicina a sua madre e a Tremotino, vicina a riavere il suo trono, ma anche vicina alla morte.
Ormai l’esercito avversario era a pochi metri da loro.


Merlino non poteva fare nulla per influenzare l’esito ed era una situazione che detestava.
Era vecchio, non conosceva uomini vecchi quanto lui, aveva visto molte cose nel corso della sua esistenza. Ben due re avevano preso il loro posto a Camelot. Era stato il consigliere di Uther e poi di suo figlio. Era stato il mentore di Tremotino, molti anni prima e si rimproverava ancora per non essere riuscito a tenerlo nella luce. Si rimproverava anche per non averlo ucciso come forse avrebbe dovuto quando era tornato ad Avalon, cambiato, corrotto dalla magia che aveva usato per raggiungere vette che gli erano precluse. Non era stato in grado di togliergli la vita a sangue freddo.
Aveva visto crescere Morgana, l’aveva vista bambina, impaurita dal potere che possedeva, l’aveva vista diventare Somma Sacerdotessa e aveva visto la figlia di Vivianne tramutarsi in un drago per la prima volta.
Ma nonostante tutto anche Merlino aveva paura. Pregò la Dea perché concedesse la vittoria a chi era nel giusto.


Morgana Pendragon entrò nel cerchio di pietre poco dopo il sorgere del sole.
Sua madre aveva insistito per essere presente, pertanto la seguì in silenzio e la osservò assorbire l’energia che le donavano la terra e i monoliti sacri. Indossava una lunga veste bianca e portava il falcetto legato ad una corda che stringeva la tunica in vita.
Igraine le passò la bacinella piena d’acqua e Morgana la posò sulla pietra al centro del cerchio, quella che aveva custodito anche la spada di Artù.
Sua madre si fece da parte. Sapeva di non poter interferire.
Morgana guardò nell’acqua limpida, vedendo dapprima solo il suo riflesso. Poi pose le mani aperte sopra la bacinella e recitò una formula magica. Nell’acqua apparvero le prime immagini. Vide Emma in sella a Maximus, Regina che cavalcava accanto a lei, tutto l’esercito in marcia. Scorgeva Nymeria. Erano vicini.
Artù era al centro ed era appiedato. Suo fratello era sempre stato coraggioso, fin da quando era solo un ragazzino. A sei anni, nonostante Uther glielo avesse proibito, era montato in sella al cavallo da guerra del re. Era un mastodontico destriero grigio, bizzoso e difficile da domare. Solo Uther lo montava. Quel giorno Artù aveva rischiato la vita, cadendo quando il cavallo si era imbizzarrito. Ora sapeva che la colpa non era stata di Artù. Uno stalliere aveva liberato una cavalla in calore, scatenando il destriero di Uther. Lo stalliere si era buttato in ginocchio ai piedi di Uther, farneticando su una strega che lo aveva tormentato in sogno. Era stato ritrovato che galleggiava nel fiume non molto tempo dopo.
Non era stato il primo incidente. Ce n’era stati altri, in precedenza. E Morgana sapeva che probabilmente erano opera di Morgause, che in quel momento stava cercando di prendere Camelot.


Artù seppe di non essere solo.
Non possedeva la Vista né alcun potere magico. L’unico potere veniva da Excalibur, che portava al fianco, nel fodero intessuto degli incantesimi di Avalon.
Ma era pur sempre figlio di Igraine e sangue dell’Isola delle Fate, pertanto avvertì la presenza della sorella. Non fu come averla accanto a sé. Non aveva la sensazione che cavalcasse accanto a lui, ma che fosse in lui. Era dietro ai suoi occhi. Guardava attraverso il fratello.
L’esercito si fermò a circa cento passi dalla prima linea dell’esercito nemico.
Emma vide che in prima linea c’erano soldati in armatura nera, ma subito dietro c’erano civili che non indossavano armatura. Vide il luccichio di qualche lama già sguainata. Alcuni avevano solo mazze, martelli o mannaie. Quelle persone erano un bersaglio facile, ma erano pronti a battersi e a morire come tutti gli altri.
Vicino ad Artù, gli uomini a cavallo e i fanti si allinearono, le lance pronte come se fossero a un torneo e stessero per iniziare una giostra. Dietro, un paio di lupi ringhiarono. Qualcuno rise, addirittura. Regina mise mano all’elsa di Stormbringer. Emma estrasse Narsil.
- Devi andartene, figlia mia. Morirai se resterai con me!
- Non voglio abbandonarti! Vieni con me! Ti prego!
- Emma... - David si avvicinò al cavallo e prese la mano della figlia. – Fidati di Graham. Adesso ti porterà al sicuro, lontano da qui. Il castello è perduto. Purtroppo non possiamo fare niente per salvarlo...

Per suo padre e sua madre. Per la sua gente, che era stata massacrata ingiustamente e a tradimento. Per gli uomini che l’avevano protetta. Per Graham, che non aveva re e non si inchinava davanti a loro, ma aveva comunque accettato di rischiare la propria vita e l’aveva portata in salvo quando era bambina, cavalcando fino allo sfinimento.
Per Regina. La donna che amava. La regina che voleva al suo fianco.
Vi fu una pausa quando sembrò che i combattimenti non sarebbero mai incominciati. Il vento cadde e i cavalli si calmarono. Galahad si tolse un momento l’elmo e si grattò la testa. Se lo rimise. Iniziava ad agitarsi. Combattere gli andava bene. Era sicuro di essere pronto anche ad uccidere. Ora vedeva le facce dei soldati in armatura nera e gli occhi vacui degli uomini ombra e voleva solo mozzare loro il capo perché non lo guardassero... ma pensare di farlo... pensare di combattere gli dava la nausea. Guardò suo padre, che era concentrato sul re, in attesa di un suo cenno o di una parola.
Quindi, senza una ragione apparente, l’atmosfera divenne tesissima. Qualcuno lanciò un insulto in direzione dell’esercito nemico. Una voce rispose con un altro insulto rivolto alla madre del cavaliere che aveva urlato. Chissà dove si alzò un grido di battaglia. Emma fu sicura che si trattasse di Agravain. I cavalli divennero nuovamente irrequieti.
Risuonò un poderoso ruggito dalla retroguardia. Non era un drago, era qualcos’altro. Forse una delle chimere invocate da Regina. Infine si levò un’acclamazione che fu sommersa quasi istantaneamente da un immane trapestio di zoccoli e dai ringhi feroci dei lupi.
La battaglia era incominciata.



Camelot. Regno di Elohim. Est.

Era proprio come aveva detto Bedwyr.
Morgause guidava l’esercito ed era a capo scoperto, i lunghi capelli rossi che le fluttuavano dietro la schiena, presi dal vento che si era alzato quella mattina. Il sole scintillava sulle piastre di ferro e acciaio della sua armatura. A destra c’erano gli uomini con le facce dipinte, i Diseredati. Erano nervosi. A volte cantavano canzoni barbariche.
Lavik reggeva lo stendardo con il cervo incoronato e Ginevra, vedendo il vessillo sventolare fu presa da un moto di collera.
- Sir Kay. – chiamò.
Il fratello adottivo di Artù si avvicinò immediatamente. – Sì, mia regina.
- Portatemi un cavallo.
- Cosa intendete fare?
Ginevra non gli badò. Scese una scaletta che conduceva direttamente in uno dei cortili all’interno del castello. Lì c’erano altri uomini armati e alcuni soldati di lord Mida.
- Mia signora, aspettate. Cosa intendete fare? – ripeté sir Kay, inseguendola, ma rimanendo comunque ad una certa a distanza.
- Vado là fuori, sir Kay.
La notizia lo sgomentò. Bedwyr, il giovane alto e biondo che si era intrufolato nel campo nemico e aveva scoperto la spia, le consegnò una spada. Lei la prese e agganciò il fodero in vita. Sembrava che Bedwyr sapesse già tutto e si fosse preparato. La sera precedente la regina aveva parlato a lungo con l’uomo di lord Ban nella sala del trono.
Gli uomini presenti la guardavano. Era chiaro che ci fosse un piano prestabilito o, se non un vero piano, il barlume di un’idea che ora stava prendendo forma.
- Mia regina, con il dovuto rispetto... cosa pensate di fare? – continuò sir Kay. Era rosso in viso, vistosamente agitato e gesticolava più del dovuto. - Parlamentare? Morgause non vi ascolterà. Fidatevi.
- Lo so bene, sir Kay. Lo so bene. Non vado là fuori per convincerla ad andarsene. È mio fratello che voglio e non per parlamentare.



Nymeria. Regno di Mehlinus. Nord.

Graham si guardò intorno e cercò di comprendere che cosa stesse succedendo; ma la confusione era troppo grande e, poiché era appiedato, poteva vedere solo i dintorni immediati. Tuttavia non perse la calma. I fanti e tutta la prima linea si erano scontrati con l’esercito nemico.
Akela era in posizione di attacco e ringhiava. Quinn gli si affiancò insieme a Phao, la fronte aggrottata e l’espressione risoluta che doveva aver avuto anche durante i combattimenti nelle fosse, davanti agli spettatori assetati di sangue. Ruby e Raksha lo coprirono a destra. Per un momento, osservandola, Graham ebbe l’impressione che gli occhi della ragazza scintillassero e che fossero dorati come quelli della lupa. Poi l’impressione disparve.
A sinistra si levarono altre grida. I soldati a cavallo spronavano i loro animali. Vide un uomo cadere dopo essere stato raggiunto da un colpo di spada. Una cacofonia agghiacciante si alzò dal settore corrispondente dell’esercito avversario. Era impossibile capire chi fosse in vantaggio.
Artù mulinava Excalibur, che colpiva e si ritirava, colpiva e si ritirava di nuovo. La lama era già lorda di sangue.
Emma affondò Narsil nel corpo di un uomo senza armatura, che aveva cercato di sorprenderla con un fendente. Ucciderlo fu più facile di quello che avesse creduto. Non pensò a Sloan, il Dohle che era stato il suo battesimo del sangue. La sua faccia sparì e vi furono solo le facce ghignanti di alcuni cittadini di Nymeria, buttati nella mischia come animali da macello. Basavano molto sulla forza e spesso si scoprivano.
Regina parò un fendente e con l’altra mano formò una sfera di fuoco, che colpì due uomini a cavallo. Quelli urlarono quando i cavalli impazziti li disarcionarono. Vennero calpestati da altri piedi e zoccoli.
- Tirate! – gridò qualcuno in cima alle mura di Nymeria.
Dozzine di frecce s’innalzarono come uno stormo di uccelli e cominciarono a piovere tutt’intorno. Regina si riparò la testa con lo scudo e imprecò. Detestava le frecce che colpivano e uccidevano a casaccio. Un uomo cadde proprio dietro di lei, con una freccia conficcata nell’occhio.
Perse di vista Emma.
Sulla destra c’era un clangore assordante di ferro contro ferro e l’aria era satura dell’odore metallico del sangue. C’erano soltanto uomini e cavalli che si urtavano, volteggiavano, caricavano e cadevano. I nitriti si confondevano con le grida di battaglia e in quel fracasso si udivano anche le urla spaventose dei feriti. Altri uomini erano impegnati in esasperanti corpo a corpo. Lancillotto mozzò la testa ad un paio di cavalieri ombra e subito altri due avanzarono, prendendone il posto. Agravain ruppe varie teste con la sua mazza ferrata, sbraitando. Suo fratello Gawain si spinse in avanti, urlando ai suoi di seguirlo. Il clangore delle spade divenne assordante. L’odore del sangue era nauseabondo.
Volarono altre sfere infuocate.


Merlino vedeva tutto, ma la confusione era immensa, totale. Il suo terzo occhio mise a fuoco lame lampeggianti, cavalli che giacevano a terra, agonizzanti, bandiere che sventolavano e si afflosciavano; udiva i suoni della battaglia portati dal vento e smorzati dalla distanza.
Vide Emma che si batteva contro un uomo a cavallo. Era ben più grosso di lei, ma la ragazza gli teneva testa. Regina era più a destra, impegnata contro le ombre create da Cora.
Merlino scorse un cavaliere piombare su di lei. Forse ce l’avrebbe fatta da sola, era molto potente, ma il mago si permise di dare una mano.
Deyja.
L’uomo sbarrò gli occhi. Era già morto quando cadde da cavallo e finì sotto gli zoccoli di un destriero da guerra.
- Cosa succede? – domandò uno dei servitori che si era portato dietro. Era molto giovane, pallido e con gli occhi grandi e spaventati.
- Succedono molte cose. – rispose Merlino. – Portami dell’acqua. Alla svelta.
Con il terzo occhio ancora attivo, Merlino scorse un movimento. Sulla sinistra del campo di battaglia alcuni uomini attraversavano la piana e salivano una collina. Non erano soldati. Erano cittadini di Nymeria che fuggivano verso il fiume. Dietro di loro veniva una creatura che poteva solo essere una chimera. Il muso era quello di un leone e sputava fiamme. Aveva zoccoli di capra al posto delle zampe artigliate, mentre dietro sventagliava una coda da drago, che era come un grosso maglio. Gli uomini si muovevano a zigzag.


Per un momento gli eserciti furono in condizioni di parità ed entrambi gli schieramenti si batterono con furore; poi, sulla sinistra, gli uomini che affiancavano Lancillotto iniziarono ad arretrare. Alcuni vennero abbattuti e si aprì una breccia.
Emma non ebbe il tempo di provare paura per quell’improvviso cambio di marea; due cavalieri ombra la tenevano impegnata. Cercava di non fissare gli occhi inumani che vedeva nella fessura degli elmi perché aveva l’impressione che la intorpidissero. Cercava di non pensare al fatto che quelle ombre un tempo erano state a Snowing Castle e avevano seminato morte e distruzione.
- Tirate!
Gli arcieri incoccarono e tirarono. Le frecce piovvero su di loro.
Regina abbatté un uomo in armatura nera, che forse un tempo aveva risposto ai suoi ordini, ora invece tentava di ucciderla. La furia si era impadronita di lei fin dal primo momento, fin da quando aveva udito quel grido di battaglia. Voleva entrare in città. Voleva arrivare al castello e trovare Tremotino e sua madre. Voleva riprendersi quello che era stato suo e ridare ad Emma ciò che le apparteneva di diritto.
Intanto...
Fratello, dietro di te.
Artù, per un momento, sentì che il corpo non gli apparteneva più. Roteò gli occhi, ma non si oppose. Il suo braccio si mosse, fulmineo e trapassò un uomo da parte a parte. Stava per sorprenderlo alle spalle. Qualcuno lo aveva ferito alla mano, ma non stava perdendo sangue. La ferita sembrava già vecchia di qualche giorno.
Più a sinistra un soldato del re cadde e Graham si ritrovò nel bel mezzo del combattimento. Si era aperta una breccia e gli uomini stavano iniziando ad arretrare. Li incitò a tenere duro e disse ai suoi di avanzare.
Un uomo del nord, più alto e corpulento di lui, con la spada sporca di sangue, si scagliò contro il Figlio dei Lupi. Graham parò con facilità l’affondo; quell’umano era già stanco, mentre lui non avvertiva neppure un briciolo di stanchezza. Cercò di colpirlo alla faccia, lo mancò e parò un nuovo affondo. Alzò al massimo la spada con la lama curva che gli avevano dato, scoprendosi di proposito e quando l’altro avanzò, i denti esposti in un ghigno trionfante, Graham lo schivò e abbassò la spada sulla spalla dell’avversario. Il corpo fendette l’armatura e raggiunse la clavicola.
Un urlo e quello cadde.
- Fatevi sotto, maledetti bastardi! – gridò Quinn. Due uomini lo attaccarono simultaneamente. Lui riuscì a tenerli a bada, anche se dovette cedere terreno. Peter arrivò a dargli man forte insieme a Rama. Il ragazzo era visibilmente pallido e terrorizzato, ma stringeva i denti. Il suo lupo, normalmente così mansueto, morse le caviglie di un nemico.
Phaona saltò addosso ad un civile che indossava solo il giaco. Aveva in mano un martello e menò un colpo cercando di colpire la lupa, ma lei lo aveva già azzannato al volto. Ruby le passò accanto, colpì un energumeno alla faccia, gli sottrasse la mazza e gliela schiantò sul ginocchio.
Killian colpì un uomo con un cazzotto, tramortendolo e poi usò la spada per trafiggere un soldato a piedi. Quest’ultimo, preso dal panico, si fece in là prima che potesse ucciderlo e gli tirò un colpo alla cieca verso la testa. Killian si spostò e gli affondò la lama nella gamba.
Scoppiò un tafferuglio più a destra. Granny, che aveva centrato già diversi uomini scagliando frecce con la balestra, fu costretta a difendersi contro un uomo dalla faccia rubizza, armato di una mannaia. Aveva gli occhi iniettati di sangue e i capelli gli stavano ritti sulla testa.
- Muori, vecchia! – gridò. Poi avanzò, menando un colpo con la mannaia.
- Sarò anche vecchia, ma sono più veloce di te. – ribatté Granny. Lo schivò e lo trafisse alla coscia. L’avversario barcollò, lanciò un urlo e poi venne azzannato da Won-tolla, che mirò direttamente alla gola.
L’esercito del re tornò ad avanzare e la breccia si richiuse. Lancillotto gridò una serie di ordini. Con grande stupore Graham vide che anche la retroguardia, formata dai cittadini di Nymeria, stava impegnando il nemico. Combattevano con le unghie e con i denti, uomini e donne. C’erano alcuni ragazzi che sembravano persino troppo giovani per impugnare le armi, eppure avevano già le mani sporche di sangue. Lilith affondò la spada nel ventre di un abitante di Nymeria e subito la ritirò per difendersi da un altro attacco.
Iniziarono a piovere pietre e non solo frecce. Emma alzò appena in tempo lo scudo, prima che una di esse le arrivasse sul cranio. Gli uomini sui camminamenti stavano preparando anche dei pentoloni con l’olio bollente, nel caso qualcuno avesse tentato di scalare le mura.
Una pietra piombò dritta sulla spalla di Gawain che, per un attimo, si accasciò sulla sella. Due uomini fecero per buttarsi su di lui e finirlo prima che avesse il tempo di riprendersi.
Deyja.
Emma si accorse di aver pronunciato di nuovo una parola in elfico.
Muori.
I due soldati caddero da cavallo, senza emettere un grido e con gli occhi già vitrei.
Niente parole in elfico, disse una voce nella testa di Emma. Regina le aveva detto qualcosa di simile un’eternità prima... o forse erano solo pochi giorni. Ma quella non era la voce di Regina.
Era Morgana. Non aveva idea di come fosse possibile, ma sembrava che Morgana stesse vegliando su tutti loro. Stava aiutando da molto lontano.
In quel momento... si levò anche il ruggito di un drago. Lilith sbatté le ali e spiccò il volo. La sua ombra enorme calò sugli eserciti in lotta. Si diresse, rapida, verso le mura di Nymeria.



Camelot. Regno di Elohim. Est.

Si levò il ruggito di un drago. Vivianne sbatté le ali e spiccò il volo. La sua ombra enorme si stagliò sulla piana che separava Camelot dall’esercito di Morgause.
- Ancora quel drago! – gridò sir Lavik.
- Non parlare e prepara la catapulta. – gli ordinò Morgause.
Vivianne piombò sull’esercito e spalancò le fauci, eruttando una colonna di fiamme.
Morgause gridò una parola nell’Antica Lingua, Skudo e il fuoco si abbatte contro la barriera magica. Per un lungo momento nessuno vide più niente. I cavalli scalpitarono, si agitarono, alcuni si imbizzarrirono e disarcionarono il proprio cavaliere. Arretrarono tutti di alcuni passi. I Diseredati lanciarono virulente imprecazioni contro la creatura. Smaniavano di entrare in città e aggiudicarsi quello che pensavano spettasse loro.
Intanto Lavik fece portare in prima linea l’enorme catapulta in legno e acciaio e due uomini depositarono su di essa la lunga lancia con la punta imbevuta di Rubus Noctis.
Per il drago.
- Eccoti servita, Dama de Lago. – sibilò Lavik, tra sé e sé.
- Mirate bene. Ne va della vostra vita. – disse Morgause, riportando il proprio cavallo davanti alla prima linea.
Gli uomini caricarono la catapulta e tirarono insieme. La corda si tese al massimo delle sue possibilità, mentre quelli sbuffavano e diventavano sempre più rossi e sudati.
- Ora!
Scoccarono e la lancia acuminata filò nel cielo. Lavik sentì lo spostamento d’aria che gli sollevò i capelli neri sulla fronte.
Questo è per Camlann, puttana, pensò il lord del Cameliard. Questo è per Camlann e per quel bastardo di Lancillotto. Sarò ben felice di vedere la sua faccia quando gli diranno che la mammina è morta e che la catapulta è stata una mia idea. O magari non lo vedrò perché morirà. Con un po’ di fortuna morirà a nord ed io prenderò il suo posto sul...
Vivianne stava quasi per essere colpita dalla lancia, ma all’ultimo istante virò e la punta le sfiorò un’ala. Il drago ruggì, spuntando ancora fuoco.
Lavik estrasse il pugnale e si gettò come una furia sugli uomini che avevano scoccato il colpo che doveva essere fatale. Piantò il pugnale nella gola di uno e spezzò il collo al compare, ordinando poi agli altri di prendere i corpi e spostarli.
- Lavik. – Morgause richiamò la sua attenzione. Stava per dire all’esercito di avanzare, ma poi vide le prime linee dell’esercito schierato dalla regina Ginevra che si apriva al centro e lasciava passare un cavaliere in sella ad un destriero marrone.
- Che succede? – domandò il lord del Cameliard. Gli ribolliva il sangue nelle vene. Il drago ora stava sorvolando Camelot, come in attesa. Guardò l’uomo che si avvicinava, con la spada in pugno e per un assurdo momento pensò che volesse affrontare l’esercito da solo. Pensò anche ad una trappola. Forse era un mago. Forse era un’illusione creata da un mago. Non sapeva se Merlino fosse ancora a Camelot o se fosse andato a nord. Nessuno era riuscito a capirlo.
Infine comprese di chi si trattava. Lo capì perché mise a fuoco la testa di cervo che capeggiava sul pettorale smaltato dell’armatura.
Un cervo incoronato. Proprio come il suo stendardo. Il suo simbolo.
- Mia sorella. – disse.
E non veniva certo a parlamentare. Veniva per lui.



Nymeria. Regno di Mehlinus. Nord.

Lilith sputò fuoco contro gli uomini in cima alle mura e li trasformò in un gruppetto di torce umane. Le loro grida erano agghiaccianti. Quelli che riuscirono a correre ai ripari poi abbandonarono le mura, correndo e urtandosi fra di loro.
Daniel li vide scendere più veloci che potevano. Il drago colpì di nuovo. Stavolta afferrò i soldati con la bocca e li gettò in aria. Volarono per un bel pezzo e precipitarono di schianto sui tetti di alcune case.
Gli abitanti di Nymeria che potevano combattere rimasero ai loro posti. I soldati si costrinsero a serrare i ranghi. Chi non aveva voluto lasciare la città e non poteva impugnare un’arma si era barricato in casa. Daniel poteva sentire i pianti dei bambini e i latrati dei cani.
Vi fu uno schianto. Il ponte levatoio tremò.
- Un ariete? – chiese uno dei soldati.
No. Non avevano arieti. Daniel aveva guardato bene dalla cima delle mura. L’esercito era ben organizzato, aveva molti uomini capaci e gli abitanti di Nymeria che si erano schierati con Regina erano stati piazzati nella retroguardia. A quel re importava della vita di quelle persone, per questo cercava di proteggerle il più possibile.
Ma non c’erano arieti. Era la chimera. La creatura mostruosa certamente evocata dalla magia si era abbattuta contro il ponte levatoio e cercava di sfondarlo. Daniel sapeva che c’erano altre creature simili intorno al castello. Ma erano manticore, non chimere.
Toccava a lui.
- Jim, Will... andate. – ordinò.
- Ehi, che cosa state facendo?
Non c’erano quasi più uomini sui camminamenti. I pochi rimasti si riparavano dietro i muri.
- Abbassate il ponte levatoio! – gridò Daniel, sguainando la spada.
- No, non potete! – gridò uno degli armigeri che sorvegliava l’argano.
- Tradimento!
Daniel respinse il fendente di un soldato che si era buttato su di lui per fermarlo. Gli armigeri accorsero per bloccare Jim e Will, ma c’era stata un’esitazione di troppo. Will falciò l’uomo che sorvegliava l’argano e Jim si occupò degli altri. Loro non esitarono. Sapevano che non potevano permetterselo.
Will azionò il meccanismo e il ponte levatoio cominciò ad abbassarsi. A Daniel parve troppo lento. Lui era impegnato a difendersi, perciò non poteva aiutarli. Poi Will salì sugli spalti insieme a Jim e ad un pugno di civili che si erano uniti a loro e gli uomini si arresero, gettando le armi.
- Tradimento, eh? – bofonchiò Will, prendendo quello che aveva accusato Daniel e guardandolo con occhi che sembravano di brace.
Daniel trapassò il torace di un uomo e poi ritirò la spada. Ne arrivavano altri. Arrivavano in massa e non poteva affrontarli da solo. Gli abitanti di Nymeria che avevano accettato di combattere per Regina non erano sufficienti a contenerli tutti. Erano in netta inferiorità numerica.
Mentre altri soldati si gettavano verso il ponte e raggiungevano i pesanti battenti fasciati di ferro, l’avanguardia dell’esercito del re di Camelot passò fragorosamente sul ponte levatoio ed entrò in città, accompagnata dalle grida di battaglia.
Daniel vide per la prima volta Artù Pendragon e lo scintillio della gemma rossa incastonata nell’elsa della mitica spada di nome Excalibur. Poi fu la volta di una donna che indossava una bella armatura argentata e recava un cigno cucito sul mantello e sullo scudo. L’erede di Anatlon. I suoi occhi verdazzurri si posarono su di lui per un istante e Daniel vide la luce selvaggia che brillava in essi. Spronò il proprio cavallo.
Infine vide Regina.
Intorno a lui tutti combattevano. Le spade e gli scudi cozzavano. Jim era rimasto a controllare l’argano, mentre Will lo difendeva, menando colpi di spada. Sgranò gli occhi quando vide i lupi del Branco di Graham.
Ma Regina in sella a Rocinante era bella, maestosa e pericolosa. La sua faccia era deformata dalla rabbia e Stormbringer era lorda di sangue, ma per Daniel fu comunque un grande momento. Regina si tolse l’elmo ammaccato e lo gettò via. Sul mantello era cucito un melo e non più la testa di pantera. Era il vecchio simbolo del regno.
- La legittima regina! – urlò il comandante, sollevando in alto la propria spada.
Alcune persone ripresero il grido...
Galahad entrò in città, seguendo suo padre e una massa di soldati. Dietro di lui si combatteva ancora. La retroguardia e altri uomini di Artù erano rimasti a contenere gli uomini ombra che sembravano sbucare dal nulla, non appena uno di loro cadeva. Erano come morti che resuscitavano, spinti dagli incantesimi oscuri della regina Cora.
Il figlio di Lancillotto fu attaccato da un colosso armato di scure da combattimento. Schivò disperatamente e temette per la propria vita. A ogni fendente della scure balzava indietro. Si accorse, con un fremito, che arrivavano altri uomini ombra e che c’erano persone sui tetti delle case che lanciavano frecce e pietre, senza prendere la mira. Tiravano a casaccio, sperando di uccidere più persone possibili e difendere le case. Due edifici stavano bruciando.
L’avversario levò in alto la scure. Per un attimo, l’istinto di Galahad ebbe la meglio; non arretrò, ma balzò in avanti e fece un affondo, colpendo la faccia dell’uomo. La punta della spada penetrò nel collo. L’uomo emise un grido strozzato. Galahad estrasse la spada e si ritrasse per evitare la scure che cadeva dalle mani inerti.
Non vedeva più suo padre, ma scorse il re che calava con forza la spada sull’elmo di un nemico. Qualsiasi altra spada si sarebbe spezzata in due come un fuscello, invece Excalibur resistette e sfondò l’elmo, spaccando il cranio del soldato. Più a destra Agravain si batteva come un pazzo, incalzava e mulinava la mazza...
Graham fu attaccato da un uomo basso con l’armatura leggera, che si muoveva molto rapidamente e brandiva una spada dalla lama corta. Si trovò sulla difensiva e dentro di sé riconobbe le abilità del giovane. Parò gli affondi e i fendenti fulminei, sperando che quello si stancasse e si scoprisse in qualche modo. Quando intravide la possibilità, mirò al fianco. L’altro schivò e tirò un affondo. Graham si sentì intorpidire il braccio sinistro. Era ferito.
- Cane rognoso! – gridò il giovane.
Un altro affondo. Graham lo parò.
Infine arrivò Akela in suo aiuto. Colse di sorpresa l’avversario e lo azzannò ad un braccio. Lui urlò come un animale sgozzato. Cercò comunque di menare un fendente alla cieca, ma Graham lo falciò, abbattendo la lama sul cranio scoperto.
- Grazie, amico. – disse ad Akela.
Poi vide qualcosa che lo riempì di orrore.
Gerhardt, il fratello di Viktor, si era fermato ad aiutare una donna ferita ad una gamba. L’aveva difesa da due ombre, che si erano dissolte in fumo non appena lui aveva mozzato loro il capo. Ma nel mentre arrivarono altri due uomini. Il suo lupo non c’era. Forse era in mezzo alla mischia. Viktor era impegnato con un altro soldato, che lo incalzava con la spada.
Improvvisamente Gerhardt sbarrò gli occhi e si accasciò. Dal fianco iniziò a sgorgare sangue. Gli uomini non lo avevano toccato, ma si gettarono su di lui per finirlo. Il lupo di Gerhardt si avventò su uno di loro e le sue fauci si chiusero intorno al polso. Quello gridò ed iniziò una specie di danza con l’animale che non mollava la presa. Il lupo di Viktor si gettò sull’altro nemico. Un ragazzo, l’apprendista del fabbro che anni prima aveva trovato la lampada del Genio, venne in aiuto e sfondò la testa di un uomo con una pietra.
- Sono qui, Gerhardt. – disse Viktor, arrivando di corsa.
- Continua... a combattere. – mormorò il fratello. Il tessuto bianco della sua vecchia divisa da ufficiale si stava impregnando di sangue. Gerhardt sudava copiosamente.
- Ti porto via da qui.
- No...
Viktor non lo ascoltò. I due lupi li seguirono, mordendo e minacciando chiunque tentasse di avvicinarsi. La mischia si allontanò e Viktor aiutò suo fratello ad appoggiarsi al muro di una casa, in un vicolo deserto. Poi gli aprì la giacca.
- Non è un colpo di spada. La ferità è rotonda. È un proiettile di metallo. Devono aver usato una balestra. – Viktor avrebbe tanto voluto avere i suoi strumenti con sé. Avrebbe potuto estrarla dal corpo di Gerhardt. Sapeva che era ancora dentro perché non c’era foro di uscita sulla schiena.
- Lasciami qui, Viktor... continua a combattere. – mormorò Gerhardt.
- Ora tu hai bisogno di me. Posso trovare un modo per estrarla. Ci posso riuscire. Tu credi nelle mie capacità, no?
- Certo... ma non hai tempo.
- Ne ho.
Non molto lontano dal punto in cui si trovavano qualcuno urlò. Un uomo di Artù cadde con la faccia sulle pietre, morto.
- Va. – disse Gerhardt. Allungò una mano verso il suo lupo e gliela posò sul muso. Lui la leccò brevemente, emettendo un basso guaito sofferente. Poi avvicinò la testa e gli appoggiò il naso bagnato su una guancia. - Devi andare, ora. Ci sarà lui con me...
Viktor tentennò, combattuto. – Resisti, fratello. Tornerò non appena mi sarà possibile. Resisti, d’accordo?
Gerhardt si limitò a sorridere...
Graham aveva perso di vista i due fratelli ed era stato risucchiato nella battaglia.
Emma era bloccata dagli uomini ombra. Vedeva Regina lottare come una furia per liberare il passaggio.
Artù sentì che il suo braccio se ne andava di nuovo per conto proprio. Sollevò lo scudo e una grossa accetta da boscaiolo si conficcò nell’acciaio. Il colpo gli riverberò nella testa.
Lilith piombò sulle case e si diede da fare per buttare giù i civili dai tetti. Alcuni scagliarono inutilmente frecce e pietre, che si scontrarono contro il suo ventre corazzato.
Galahad non riusciva ad avanzare. Era circondato da tre uomini, che l’avevano costretto a cedere terreno. Erano troppi per lui. La paura gli strinse la gola e gli si ribaltò lo stomaco, mentre intercettava un affondo.
Salvati. Usa il potere, disse la voce di Merlino nella sua testa. Era autoritaria, una voce da despota Usa il potere.
- Il potere... – mormorò Galahad. Subito i suoi occhi si riempirono di fuoco.
Nel vicolo Gerhardt chiuse gli occhi e scivolò di lato. Il suo lupo ululò.
Il drago bianco spalancò le ali, provocando il panico. La sua coda sventagliò nell’aria. Urtò il muro di una casa e lo abbatté. La zampa schiacciò i tre uomini che fino ad un momento prima stavano quasi per uccidere un giovane cavaliere. Spaventate, alcune persone che se ne stavano appollaiate sui tetti delle case, misero i piedi in fallo e scivolarono.
Viktor, udito l’ululato del lupo di Gerhardt, falciò un uomo con la spada e tornò indietro. Sapeva che cosa avrebbe trovato, ma non volle crederci davvero fino a quando non lo vide.
Suo fratello giaceva sulle pietre, una mano sul ventre e l’altra, inerte e insanguinata, vicino alla testa. Il suo lupo ora lo tirava per la manica, sperando che si svegliasse.
Viktor si buttò in ginocchio accanto a lui. Prese la mano insanguinata, stringendola tra le sue. Cercò invano il battito e non lo trovò. - Gerhardt...
Galahad ruggì e si levò in volo.


______________



:unsure:


 
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view post Posted on 1/9/2020, 05:07
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CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
*Va a vedere su Wikipedia chi sia Efialte perché in questo momento le sfugge*

Ah, ecco. -_-

Cioè, ce ne sono stati diversi, in realtà, ma presumo che tu stia parlando di Efialte di Trachis. Ma sarà mica il tipo che si vede anche in quell'episodio di "Xena", nella terza stagione, quello in cui Olimpia viene ferita da una freccia avvelenata e Xena si batte contro settantodici soldati persiani?

In realtà io stavo pensando a quello D"300"... :P

thr6

Volevo mettere l'immagine,ma poi,x una volta,nn l'ho fatto xké davo x scontato ke si capisse ki era! :P
Quello D"Xena"sinceramente nn me lo ricordo..nn mi ricordavo neanche D averne sentiti nominare altri,D tizi con un nome così! :P :P
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
CITAZIONE
SAVAGE! :B): X) Mi ero scordato come continuasse la canzone!Ma,a maggior ragione,mi fa un po' strano pensare ke se la sia inventata Regina sul momento(se la canzone originale era su un sovrano nn poteva esserci la rima con"frana"...;-P), avrebbe avuto + senso se se la fosse inventata il popolo parlando D"Amara"e poi Regina l'avesse adattata sostituendo Amara con sua madre.O,ancora meglio,Emma avrebbe potuto sostituire Amara con"Cora"e Regina si sarebbe accodata dicendo"oh,madre". Così l'avevo concepita,io. :dottore:

Yes, I know... ma la verità pura e semplice è che non sapevo come inserire entrambe le versioni nella storia. Avevo le cose in mente così e alla fine le ho scritte così.
Però si può modificare il re tiranno in una "sovrana tiranna" (non avevo pensato al fatto della rima effettivamente).

In realtà ieri mi stavo sentendo un po' un bambino ke fa i capricci,ma adesso(alle 5:45 D notte)ho capito xké questa cosa della canzone è molto + grave D quello ke sembra.



Per tutta la durata della storia mi sono sempre sentito un po' a disagio nell'accanirmi così brutalmente VS Cora e adesso ho capito che è perché io mi stavo basando quasi esclusivamente sul suo atteggiamento nella serie...cioè...magari sono io che ricordo male,quindi correggimi se sbaglio,ma mi pare che in questa storia Cobra si comporti male(nei flashback)con Regina,ma come sovrana non le vediamo fare praticamente niente!! :o: E' Regina quella che si comporta effettivamente da"Regina Cattiva"e,sì,è vero ke si spiega che viene influenzata da Tremotino e dalla spada e che era un piano suo e di Cobra ed è vero che vediamo Cobra tradire,uccidere e usurpare il posto di Amara,ma questo lo sappiamo NOI...il popolo della sua crudeltà non sa niente perché DOPO L'OMICIDIO non mi pare che si veda Cobra governare in maniera crudele nei panni D Amara!Il popolo avrebbe dovuto percepire il"cambiamento"di Amara da sovrana dura,ma nel complesso giusta,a crudele tiranna.

QUESTO era importante vedere!Cobra/Amara che PER ANNI rimane in incognito continuando a governare in modo spietato come ha sempre fatto nel Nord,ma"dando la colpa"ad Amara,finché non è pronto il terreno per poter tornare al Nord come Cobra...e tra l'altro...la gente NON DOVEVA SAPERE che lei si era trasformata,doveva rimanere convinta che Amara e Cobra esistessero ENTRAMBE(così lei si sarebbe sentita autorizzata a prendersi il Nord E l'Ovest con la scusa di liberarli dalla tirannia di Regina E di Amara...che in realtà"non esiste"perché la Amara tiranna è sempre stata lei! :wacko: ).
Invece tu hai fatto trasformare Cobra davanti agli occhi di tutti(oltretutto subito dopo averle fatto dare l'ordine di decapitare qualcuno..come fare una buona impressione fin da subito!X-P)e non ha senso anche perché non può usare la scusa del"mi sono trasformata per nascondermi"perché per nasconderti ti trasformi in una popolana anonima,NON PRENDI IL POSTO DI UNA FOTTUTA REGINA!!! :splash: Nel momento in cui sia il popolo dell'Ovest che quello del Nord capiscono che hai ucciso e spodestato Amara PERCHE' qualcuno dovrebbe credere a te piuttosto che a Regina?!?E' EVIDENTE che sei TU la bugiarda e la traditrice!!!Va bene che il popolo è bifolco e Cobra è brava a manipolare le persone,ma questo mi pare un po' eccessivo anche per lei!! :splash:

E' proprio tutto sbagliato!!!Il senso delle 2-3 versioni della canzone era che la canzone nasceva DAL POPOLO DELL'OVEST come sfogo dopo anni di tirannie e soprusi(nel periodo in cui Emma e Regina crescevano)subite DA AMARA che si faceva passare per sovrana"dura ma giusta"ma in realtà era diventata una tiranna in piena regola(per questo"Amara,non mentire".. e la canzone dice"lottiamo contro il Cobra"perché il Cobra è il simbolo DI AMARA..mentre per noi è il soprannome di Cora! ;) Nella tua versione-ovvero quella secondo cui la canzone parla di un generico tiranno del passato-non si capisce perché menzionare proprio un cobra..sembra messo lì a caso)!E durante la Battaglia Finale,parte del popolo continuava a cantare quella versione,mentre Emma&Regina,che avevano scoperto della canzone di rivolta,avevano adattato il testo cantandola tra di loro per farsi coraggio prima della Battaglia Finale,dato che loro sapevano la verità!!! :dottore:



Scusa,il capitolo lo commenterò + tardi,adesso cerco D dormire un'altra oretta,ma C tenevo a precisare questa cosa xké mi sono reso conto ke mina proprio tutto il racconto alla base! :splash: E' un bel casino.... :wacko:
Poi magari sono io ke mi sono scordato dei capitoli in cui tu hai detto ke Cobra ha governato x anni facendo passare Amara x sovrana crudele,ma a me nn pare proprio..mi pare D ricordarla solo mentre PARLA con Morgause,ma senza fare niente D ke. :think:

EDIT:A scrivere e ricontrollare il commento alla fine si son fatte le 6:21...mi sa ke ormai nn dormo +!X-P

Edited by I Love Alessia's Stare - 1/9/2020, 06:37
 
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In realtà ieri mi stavo sentendo un po' un bambino ke fa i capricci,ma adesso(alle 5:45 D notte)ho capito xké questa cosa della canzone è molto + grave D quello ke sembra.



Per tutta la durata della storia mi sono sempre sentito un po' a disagio nell'accanirmi così brutalmente VS Cora e adesso ho capito che è perché io mi stavo basando quasi esclusivamente sul suo atteggiamento nella serie...cioè...magari sono io che ricordo male,quindi correggimi se sbaglio,ma mi pare che in questa storia Cobra si comporti male(nei flashback)con Regina,ma come sovrana non le vediamo fare praticamente niente!! :o: E' Regina quella che si comporta effettivamente da"Regina Cattiva"e,sì,è vero ke si spiega che viene influenzata da Tremotino e dalla spada e che era un piano suo e di Cobra ed è vero che vediamo Cobra tradire,uccidere e usurpare il posto di Amara,ma questo lo sappiamo NOI...il popolo della sua crudeltà non sa niente perché DOPO L'OMICIDIO non mi pare che si veda Cobra governare in maniera crudele nei panni D Amara!Il popolo avrebbe dovuto percepire il"cambiamento"di Amara da sovrana dura,ma nel complesso giusta,a crudele tiranna.

QUESTO era importante vedere!Cobra/Amara che PER ANNI rimane in incognito continuando a governare in modo spietato come ha sempre fatto nel Nord,ma"dando la colpa"ad Amara,finché non è pronto il terreno per poter tornare al Nord come Cobra...e tra l'altro...la gente NON DOVEVA SAPERE che lei si era trasformata,doveva rimanere convinta che Amara e Cobra esistessero ENTRAMBE(così lei si sarebbe sentita autorizzata a prendersi il Nord E l'Ovest con la scusa di liberarli dalla tirannia di Regina E di Amara...che in realtà"non esiste"perché la Amara tiranna è sempre stata lei! :wacko: ).
Invece tu hai fatto trasformare Cobra davanti agli occhi di tutti(oltretutto subito dopo averle fatto dare l'ordine di decapitare qualcuno..come fare una buona impressione fin da subito!X-P)e non ha senso anche perché non può usare la scusa del"mi sono trasformata per nascondermi"perché per nasconderti ti trasformi in una popolana anonima,NON PRENDI IL POSTO DI UNA FOTTUTA REGINA!!! :splash: Nel momento in cui sia il popolo dell'Ovest che quello del Nord capiscono che hai ucciso e spodestato Amara PERCHE' qualcuno dovrebbe credere a te piuttosto che a Regina?!?E' EVIDENTE che sei TU la bugiarda e la traditrice!!!Va bene che il popolo è bifolco e Cobra è brava a manipolare le persone,ma questo mi pare un po' eccessivo anche per lei!! :splash:

E' proprio tutto sbagliato!!!Il senso delle 2-3 versioni della canzone era che la canzone nasceva DAL POPOLO DELL'OVEST come sfogo dopo anni di tirannie e soprusi(nel periodo in cui Emma e Regina crescevano)subite DA AMARA che si faceva passare per sovrana"dura ma giusta"ma in realtà era diventata una tiranna in piena regola(per questo"Amara,non mentire".. e la canzone dice"lottiamo contro il Cobra"perché il Cobra è il simbolo DI AMARA..mentre per noi è il soprannome di Cora! ;) Nella tua versione-ovvero quella secondo cui la canzone parla di un generico tiranno del passato-non si capisce perché menzionare proprio un cobra..sembra messo lì a caso)!E durante la Battaglia Finale,parte del popolo continuava a cantare quella versione,mentre Emma&Regina,che avevano scoperto della canzone di rivolta,avevano adattato il testo cantandola tra di loro per farsi coraggio prima della Battaglia Finale,dato che loro sapevano la verità!!! :dottore:



Scusa,il capitolo lo commenterò + tardi,adesso cerco D dormire un'altra oretta,ma C tenevo a precisare questa cosa xké mi sono reso conto ke mina proprio tutto il racconto alla base! :splash: E' un bel casino.... :wacko:
Poi magari sono io ke mi sono scordato dei capitoli in cui tu hai detto ke Cobra ha governato x anni facendo passare Amara x sovrana crudele,ma a me nn pare proprio..mi pare D ricordarla solo mentre PARLA con Morgause,ma senza fare niente D ke. :think:

EDIT:A scrivere e ricontrollare il commento alla fine si son fatte le 6:21...mi sa ke ormai nn dormo +!X-P

Cora ha detto che Amara l'ha accolta volontariamente e che è morta di morte naturale, permettendole di restare e di nascondersi, in quanto Regina tramava alle sue spalle e voleva stanarla.

E allora a questo punto non ha senso nemmeno la canzone. Se è stata inventata dalle genti dell'ovest, perché dovrebbero dire "si parla a gran voce di una grande menzogna e di un'ingiustizia atroce"? Loro non sanno che quella non è Amara, anche se hanno notato il cambiamento, non sanno che qualcuno ha preso il suo posto, perché dovrebbero parlare di menzogna? Di crudeltà sì. Di ingiustizia anche, visto che usa la forza, ma perché dire "Amara non mentire" se la canzone l'hanno inventata quelli dell'ovest?

Oltretutto Amara non è una regina. Non è nemmeno la signora del Lothian, perché quella è Morgause. Amara vive nel Lothian, ce l'ha con Morgause, ma è semplicemente una nobildonna che viene ascoltata e riconosciuta come signora della città in cui vive e questo è specificato nella storia. Ma non è lei che comanda.

La storia a questo punto non può essere smontata, semplicemente perché dopo averci lavorato per così tanto tempo non sono disposta a smontare parti della storia. Purtroppo con tutto quello che abbiamo detto e tutta la roba che c'è negli appunti è difficile venire a capo di ogni cosa.

Al massimo qui si possono inserire delle parti in cui viene detto che Amara è stata crudele negli ultimi anni e che il popolo ha cercato di ribellarsi, inventandosi una canzone contro di lei. Non posso fare altro. Se vuoi fare qualcosa tu, scrivere delle parti, fallo pure. Io più di questo non posso fare. Di certo non rimetto mano alla battaglia finale perché è già un casino così. Quella rimane così com'è. -_-
 
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CITAZIONE (Stephanie86 @ 1/9/2020, 13:10) 
E allora a questo punto non ha senso nemmeno la canzone. Se è stata inventata dalle genti dell'Ovest, perché dovrebbero dire "si parla a gran voce di una grande menzogna e di un'ingiustizia atroce"? Loro non sanno che quella non è Amara, anche se hanno notato il cambiamento, non sanno che qualcuno ha preso il suo posto, perché dovrebbero parlare di menzogna? Di crudeltà sì. Di ingiustizia anche, visto che usa la forza, ma perché dire "Amara non mentire" se la canzone l'hanno inventata quelli dell'Ovest?

Come ho detto,la"menzogna"è il fatto che"Amara"sia una sovrana"severa ma giusta".Una volta era effettivamente così, quando regnava la vera Amara..era quella la sua fama;ma dopo essersi resi conto del suo nuovo atteggiamento crudele la gente ha iniziato a dire:"Altro che"severa",questa è una TIRANNA in piena regola,è inutile ke C propini la boiata della"giusta severità",nn C crede + nessuno! :viaaa...: "
CITAZIONE (Stephanie86 @ 1/9/2020, 13:10) 
Oltretutto Amara non è una regina. Non è nemmeno la Signora del Lothian, perché quella è Morgause. Amara vive nel Lothian, ce l'ha con Morgause, ma è semplicemente una nobildonna che viene ascoltata e riconosciuta come signora della città in cui vive e questo è specificato nella storia. Ma non è lei che comanda.

Beh..la canzone dice"sovrana",nn"regina"..credo ke si possa intendere in senso + ampio come"colei ke comanda",appunto... :think: Poi potrebbe sempre essere una licenza poetica ke il creatore della canzone s'è preso x fare la rima... ;P
CITAZIONE (Stephanie86 @ 1/9/2020, 13:10) 
La storia a questo punto non può essere smontata, semplicemente perché dopo averci lavorato per così tanto tempo non sono disposta a smontare parti della storia. Purtroppo con tutto quello che abbiamo detto e tutta la roba che c'è negli appunti è difficile venire a capo di ogni cosa.

Lo so. :( Io stesso c'ho messo una vita x rendermi conto D questo problema! :wacko: E' ke è un gran peccato xké,come ripeto,nn è un dettaglio secondario..è proprio IL piano D Cobra-quello ke ha dato origine a TUTTA LA STORIA-quello D cui stiamo parlando!! :dottore: :splash:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 1/9/2020, 13:10) 
Cora ha detto che Amara l'ha accolta volontariamente e che è morta di morte naturale, permettendole di restare e di nascondersi, in quanto Regina tramava alle sue spalle e voleva stanarla.

Sì,ma Cobra si è nascosta da dopo l'attacco al Regno del Sud...a quei tempi Regina era ancora una bambina,nn è credibile ke Cobra avesse paura e dovesse scappare da lei!Invece far credere D essere morta e prendere il posto D Amara(senza farlo sapere!)x conquistare sia l'Ovest ke il Nord facendo passare Amare&Regina x Cattive è un piano ke ha una sua logica. :dottore: EDIT:Implica cmq tornare al Nord dopo anni D latitanza,xò... :think: mmmhhh...forse c'è qualche buco anche nella mia versione,dovrei rifletterci meglio... :think: ma tanto nn servirebbe xké ormai la storia nn si può + cambiare. :( Ke fregatura,xò!! :splash: crybaby
 
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Sì,ma Cobra si è nascosta da dopo l'attacco al Regno del Sud...a quei tempi Regina era ancora una bambina,nn è credibile ke Cobra avesse paura e dovesse scappare da lei!Invece far credere D essere morta e prendere il posto D Amara(senza farlo sapere!)x conquistare sia l'Ovest ke il Nord facendo passare Amare&Regina x Cattive è un piano ke ha una sua logica. :dottore: EDIT:Implica cmq tornare al Nord dopo anni D latitanza,xò... :think: mmmhhh...forse c'è qualche buco anche nella mia versione,dovrei rifletterci meglio... :think: ma tanto nn servirebbe xké ormai la storia nn si può + cambiare. :( Ke fregatura,xò!! :splash: crybaby

Qualche buco c'è sempre stato fin dal principio. -_-

Come ho detto, qui l'unica cosa che si può fare è specificare in alcuni punti della storia che la finta Amara era crudele e che il popolo ha poi inventato la versione della canzone che dice "Amara non mentire" e quindi modificare un pezzo del capitolo "oh mother don't lie".
 
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view post Posted on 5/9/2020, 18:27
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Perdona il mostruoso ritardo. :scusa:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
- Ti amo. - le aveva detto, mentre iniziava a spogliarla.
Emma aveva sorriso, l’aveva attirata ancora più vicino a sé, mettendole una mano sulla schiena e le aveva baciato la cicatrice sul labbro superiore. - Lo so. E anch’io ti amo, mia Regina.
- Avrei voluto dirtelo quella volta, a Findias. Ma non ce l’ho fatta. Tutto questo è...
- Non devi giustificarti. Lo capisco. - Emma la baciò sulla bocca e poi sul collo: - Sei bella.
- Quando sei tu a dirmelo, sento che lo sono davvero.

:gulp: :amore: :amore3:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
Ma nonostante tutto anche Merlino aveva paura. Pregò la Dea perché concedesse la vittoria a chi era nel giusto.

:scusa:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
Ma era pur sempre figlio di Igraine e sangue dell’Isola delle Fate, pertanto avvertì la presenza della sorella. Non fu come averla accanto a sé. Non aveva la sensazione che cavalcasse accanto a lui, ma che fosse in lui. Era dietro ai suoi occhi. Guardava attraverso il fratello.

:ph34r:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
Per suo padre e sua madre. Per la sua gente, che era stata massacrata ingiustamente e a tradimento. Per gli uomini che l’avevano protetta. Per Graham, che non aveva re e non si inchinava davanti a loro, ma aveva comunque accettato di rischiare la propria vita e l’aveva portata in salvo quando era bambina, cavalcando fino allo sfinimento.
Per Regina. La donna che amava. La regina che voleva al suo fianco.

:rosa:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
È mio fratello che voglio e non per parlamentare.

:sta-attento:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
Ruby e Raksha lo coprirono a destra. Per un momento, osservandola, Graham ebbe l’impressione che gli occhi della ragazza scintillassero e che fossero dorati come quelli della lupa. Poi l’impressione disparve.

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CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
Dozzine di frecce s’innalzarono come uno stormo di uccelli e cominciarono a piovere tutt’intorno. Regina si riparò la testa con lo scudo e imprecò. Detestava le frecce che colpivano e uccidevano a casaccio.

Idem. :arrabbiato2:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
- Cosa succede? - domandò uno dei servitori che si era portato dietro. Era molto giovane, pallido e con gli occhi grandi e spaventati.

1)Aaawww... :unsure: cucciolo!!2)1 dei servitori ke Merlino si era portato dietro?Nn sono sicuro D aver capito... :blink:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
La furia si era impadronita di lei fin dal primo momento, fin da quando aveva udito quel grido di battaglia. Voleva entrare in città. Voleva arrivare al castello e trovare Tremotino e sua madre. Voleva riprendersi quello che era stato suo e ridare ad Emma ciò che le apparteneva di diritto.

:B): :B): :B): :B): :B): :B):
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
Alzò al massimo la spada con la lama curva che gli avevano dato, scoprendosi di proposito e quando l’altro avanzò, i denti esposti in un ghigno trionfante, Graham lo schivò e abbassò la spada sulla spalla dell’avversario. Il corpo fendette l’armatura e raggiunse la clavicola.

Aaaahhh!!! :terrore:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
Phaona saltò addosso ad un civile che indossava solo il giaco.

Mai sentito questo termine. :huh: Me lo sono dovuto andare a cercare sul vocabolario. :dottore:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
e il fuoco si abbatte contro la barriera magica.

Abbatté.
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
Lavik estrasse il pugnale e si gettò come una furia sugli uomini che avevano scoccato il colpo che doveva essere fatale. Piantò il pugnale nella gola di uno e spezzò il collo al compare, ordinando poi agli altri di prendere i corpi e spostarli.

- Che succede? - domandò il Lord del Cameliard. Gli ribolliva il sangue nelle vene.

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CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
Un cervo incoronato. Proprio come il suo stendardo. Il suo simbolo.
- Mia sorella. - disse.
E non veniva certo a parlamentare. Veniva per lui.

:sta-attento:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
Infine vide Regina.

Ma Regina in sella a Rocinante era bella, maestosa e pericolosa. La sua faccia era deformata dalla rabbia e Stormbringer era lorda di sangue, ma per Daniel fu comunque un grande momento.

:wub: :wub: :wub: :wub: :wub: :wub:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
Regina si tolse l’elmo ammaccato e lo gettò via. Sul mantello era cucito un melo e non più la testa di pantera. Era il vecchio simbolo del regno.
- La legittima regina! - urlò il comandante, sollevando in alto la propria spada.

Aaww. :sigh: La Pantera era un simbolo + figo,ma aaawww.
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
Non vedeva più suo padre, ma scorse il Re che calava con forza la Spada sull’elmo di un nemico. Qualsiasi altra spada si sarebbe spezzata in due come un fuscello, invece Excalibur resistette e sfondò l’elmo, spaccando il cranio del soldato.

Questo m'ha ricordato la scena D combattimento tra Guts e Bazuso recensito dal Trono del Muori.

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"Un minuto D silenzio pe' Bazuso. -_- E p'a demonetizzazione. XP "
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
- Cane rognoso! - gridò il giovane.

Finora mi stavi simpatico.Mo' nn +. :viaaa...:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 31/8/2020, 21:29) 
Viktor, udito l’ululato del lupo di Gerhardt, falciò un uomo con la spada e tornò indietro. Sapeva che cosa avrebbe trovato, ma non volle crederci davvero fino a quando non lo vide.
Suo fratello giaceva sulle pietre, una mano sul ventre e l’altra, inerte e insanguinata, vicino alla testa. Il suo lupo ora lo tirava per la manica, sperando che si svegliasse.

:cry: :cry: :cry:

P.S.Bellissima la musica! *_*
 
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view post Posted on 6/9/2020, 12:27
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47

DEATH UPON US





Camelot. Regno di Elohim. Est.

- Lavik! – gridò Ginevra, sguainando la spada e puntandola contro di lui.
Lavik fissò Morgause, ma da lei non venne nessun aiuto. Era chiaro che doveva affrontare la sorella in un duello che avrebbe coinvolto solo loro due. Era stato lui a dire a Morgause che se ne voleva occupare personalmente ed era arrivata la sua occasione.
Estrasse la spada dal fodero e salì in groppa al suo cavallo. Spronandolo, valutò la situazione. Sapeva che Ginevra era brava con l’arco, aveva una mira infallibile, ma non l’aveva mai vista con una spada in pugno né tantomeno con un’armatura. Tuttavia erano diversi anni che non posava gli occhi su di lei.
Scrutò gli stendardi che sventolavano. Ora poteva vederli abbastanza bene. Il vessillo di lord Mida sulla destra, sir Kay e i soldati di Camelot al centro, insieme a quelli di lord Ban del Benwick... e sul fianco sinistro il lord del Dunbroch, Fergus, riconoscibile perché era a capo scoperto e la sua folta chioma rosso fuoco era inconfondibile. Aveva una gamba di legno e si diceva che fosse stato un orso nero a strappargliela.
- Vai incontro alla morte in questo modo, sorella? – la schernì, quando fu abbastanza vicino.
- Oh, Lavik. Davvero mi sottovaluti?
- Sarebbe più facile se ti arrendessi. Siete in inferiorità numerica. Se gli eserciti si scontrassero, i tuoi avrebbero la peggio. Consegnaci la città e può essere che ti risparmi la vita.
Ginevra rise. Rise di gusto. – Non avrai mai quello che vuoi, Lavik. Preferisco morire qui che consegnarti Camelot. O il Seggio Periglioso. Non ti meriti nemmeno la più arida delle terre.
Il lord del Cameliard spronò il cavallo e la investì con furia cieca. La sua spada slittò sull’armatura della regina in una pioggia di scintille, mentre il suo cavallo scartava.



Nymeria. Regno di Mehlinus. Nord.

Tremotino guardava la battaglia attraverso uno degli specchi nella torre più alta del castello.
Vedeva Regina e l’erede dei Blanchard cercare di farsi largo in mezzo a uomini ombra, cittadini in fuga, soldati in armatura nera e detriti, ma con molta difficoltà. La loro avanzata era rallentata. Si combatteva ovunque e non c’era spazio soprattutto lungo la via che conduceva al castello e che a volte si restringeva.
Vide la retroguardia dell’esercito di Artù che entrava a Nymeria. Non avevano subìto molte perdite, cosa che gli dispiacque. Piombarono in città, schiamazzando, levando le armi al cielo e aprendosi subito a ventaglio. Cantavano. Chi non aveva più un’arma raccoglieva quelle abbandonate dai caduti o da chi era scappato. Una chimera entrò dietro di loro, sventagliando la coda da drago e ruggendo. Dalla bocca fuoriuscirono lingue di fiamma.
I due draghi, uno bianco e uno nero, volavano sopra la città, spingendo i civili giù dai tetti, attaccando gli uomini rimasti sui camminamenti o quelli che stavano uscendo dalla porta meridionale per darsela a gambe.
Notò un uomo biondo che stringeva il corpo senza vita di un giovane vestito come un ufficiale.
Vide il re di Camelot abbattere altre ombre.
Tremotino sapeva che Merlino era vicino. Aveva avvertito la sua presenza. Non sapeva se fosse a Nymeria o nei dintorni, ma c’era. Stava dando man forte all’esercito di Artù e Morgana stava aiutando il fratello.
Sperava con tutto il cuore che gli incantesimi che stavano mettendo in atto costassero loro la vita.
- Che cosa intendi fare? – domandò il Genio. La sua faccia contrita galleggiava dentro uno degli specchi.
- Presto lo scoprirai. Alla fine anche tu sarai molto utile. Fidati. – rispose Tremotino.
Poi vide qualcosa che non si aspettava di vedere. Due uomini. Erano accompagnati da lupi, quindi appartenevano a quel Branco di selvaggi che Regina ed Emma avevano portato con loro.
- Ma guarda che meravigliosa sorpresa! – esclamò Tremotino. – Il capitano Jones e il suo fratellino. Deve essere la mia giornata fortunata.
Nella sala del trono la regina Cora preparava un incantesimo.


Merlino barcollò all’improvviso e si appoggiò alla spalla del ragazzo che gli aveva portato l’acqua. Lui lo sorresse come meglio poté.
- Venerabile, ce la fate? Volete distendervi?
- Non è il momento di riposare. – rispose Merlino.
L’occhio gli si era momentaneamente appannato. Le forze stavano iniziando ad abbandonarlo. Aveva cercato di penetrare le difese di Tremotino. Non sperava di essere così fortunato da poterlo uccidere, ma voleva capire che cosa stesse facendo all’interno del castello, se stesse preparando qualche trappola.
Si era scontrato con un muro molto solido. Aveva tastato per trovare delle crepe, uno spiraglio anche piccolo, ma non c’era stato modo di superare le barriere mentali sollevate dal suo ex allievo.
L’occhio si riaprì. Con una lentezza che Merlino giudicò esasperante, ma si riaprì e tornò a vedere ciò che stava accadendo. Non si limitò a vedere, ma udì. Un ragazzino con la pelle scura e i capelli neri, salito sul tetto di una casa, incitava la gente, agitando una spada rudimentale e cantando una canzone.

Udite udite, si parla a gran voce
di una grande menzogna e di un’ingiustizia atroce
Si inizia la battaglia uniti tutti quanti
Lottiamo contro il Cobra o vivremo di rimpianti

Lottiamo giorno e notte
contro chi ci sfotte
da noi non puoi fuggire
oh, Cora non mentire!



Morgana perse l’equilibrio. Cercò un punto di appoggio, non lo trovò e cadde sull’erba.
Sua madre fece per intervenire, ma lei agitò una mano. Si alzò. Per un momento non vide più nulla e non sentì più nulla se non il rombo del suo stesso sangue nelle orecchie. Il suo cuore pulsava più forte che mai.
Non puoi arrenderti, gli impose una voce squillante e autoritaria. Devi resistere.
Chi sei?, chiese Morgana.
Io sono Avalon.
La Somma Sacerdotessa avvertì una nuova ondata di energia che le rinvigoriva le membra e la spingeva a continuare a combattere. Salì in piedi sulla pietra al centro del Tor e allargò le braccia. Quando chiuse gli occhi, subito la vista interiore si schiarì.
Igraine indietreggiò, sbigottita, davanti al potere emanato dalla figlia. I suoi occhi non erano più azzurri, ma di un viola cupo e tempestoso e la sua figura era ben più imponente del solito.
Per un momento pensò che la Dea Madre avesse appena posseduto Morgana.


Dal palmo di Regina sfrecciò un globo infuocato, che al suo passaggio tinse le finestre di una casa vuota di una luce sanguigna.
Il globo colpì un cavallo, che si arrestò con un nitrito di dolore e cadde di schianto. Il modo in cui morì le ricordò per qualche motivo l’unicorno che aveva ucciso nella foresta molti anni prima. Il cavaliere in sella balzò a terra agilmente e si volse per affrontare Gawain, che era sopraggiunto e aveva tentato un affondo per sorprenderlo. I due iniziarono a combattere furiosamente.
Emma abbatté un’altra ombra, che si dissolse immediatamente. Poi guardò la strada piena di gente che lottava e subito levò una mano: - Ignis!
Uno spicchio di strada prese fuoco all’istante. Con uno sguardo feroce e concentrato, Emma diresse le fiamme in modo che evitassero i suoi alleati. Gli avversari che si trovarono sulla traiettoria si trasformarono in torce umane.
Emma avanzò nel passaggio che si era aperta con la magia, seguita da Regina.
La gente sui tetti seguitava a cantare.

Tortura e ammazza ma è una brava sovrana
speriamo che capiti sotto a una frana!
Amara,stai attenta alla nostra afflizione
se scherzi col fuoco t'aspetta l'abdicazione!

Lottiamo giorno e notte
contro chi ci sfotte
da noi non puoi fuggire
Oh, Cora non mentire!


- Avanzate! – gridò Artù, spronando i suoi. Era stato ferito superficialmente a un fianco, ma non stava perdendo sangue. Si assicurò che il fodero di Excalibur fosse ancora integro. Finché non gli fosse stato sottratto, non avrebbe mai perso molto sangue.
Daniel affiancò il re e avanzò, insieme a Jim e Will, che venivano subito dietro di lui.
Dal castello arrivò uno sciame di frecce che li costrinse a sollevare gli scudi per proteggersi. Altri uomini ombra partoriti dalla magia si fecero sotto, bloccando la via che conduceva alla dimora della regina...


- Capitano Jones!
Liam si voltò di scatto e d’istinto spinse la lama in avanti per colpire l’avversario.
Come fa a sapere il mio nome?, si chiese.
La lama colpì il nulla. L’uomo si era tramutato in una nube e aveva guadagnato distanza. Aveva un aspetto terribile, la pelle viscida e squamosa come quella di un rettile, i denti gialli che sembravano zanne e le unghie delle mani lunghe come artigli.
Il consigliere Tremotino.
- Che piacere vedervi! Non avrei mai immaginato di trovarvi a combattere proprio qui e con un gruppo di cani rabbiosi.
- Come sapete il mio nome?
Tremotino rise, come se la sua domanda fosse incredibilmente divertente. – Sarò ripagato per quanto mi è stato fatto. Vi avevo dato un ordine e voi siete fuggiti senza la mia pianta!
Liam si avventò contro di lui senza riflettere.
Una freccia sibilò nell’aria e lo colpì al collo.
Liam stramazzò, sputando sangue. Tremotino disparve.
- Liam! – gridò Killian.
Uccise un uomo che gli stava sbarrando la strada. Un altro si avventò contro di lui e lo spinse a terra. Killian parò il fendente, sollevando la spada e, con una spinta, allontanò il soldato da sé. Si fece in là e menò un manrovescio quasi a casaccio. Il colpo andò a vuoto e il soldato poté tentare un affondo. Per poco non lo sorprese, ma la sua mossa permise a Killian di colpirlo al fianco scoperto. La punta della spada colse il soldato fra le costole, forandogli la cotta di maglia e penetrando nella carne.
- Liam... no. – Killian si gettò sul fratello e lo sollevò, tenendolo fra le braccia. Aveva anche una ferita al braccio.
Gli occhi di Liam erano spalancati e vitrei, fissi su di lui. Dalla bocca gli uscì altro sangue. – Sono... la ferita... è una ferita crudele...
- No. No, no, no... andrà tutto bene, vedrai. – Killian si guardò intorno alla disperata ricerca di qualcuno che potesse aiutarlo, ma tutti combattevano. C’erano solo cadaveri, sangue, spade che baluginavano e cozzavano le une contro le altre, frecce che volavano sopra le loro teste. Nessuno si curava di loro.
- Sulle Isole Brumazzurra avrei dovuto darti ascolto... – Tossì e un rivolo di sangue gli colò sulla guancia e sul collo.
- Non pensare a questo ora.
Una risatina dietro di lui. Una risata crudele e sprezzante, stridula.
Killian si voltò e per un momento pensò di essere in preda al delirio. Forse anche lui era ferito e non se ne era accorto. Forse aveva perso molto sangue e stava per morire.
Lord Kaspar, l’uomo che aveva mandato lui e Liam sulle isole Brumazzurra a prendere la pianta velenosa chiamata Rubus Noctis, era davanti a lui, alto e longilineo, elegante e con i lunghi capelli grigi che gli si sollevavano dietro le spalle. I suoi occhi erano occhi da rettile.
- Siete stato Voi... – Killian adagiò il fratello sulle pietre e recuperò la sua spada.
- Non affaticatevi, tenente Jones. – lo canzonò l’altro. Mostro due file di denti che erano gialli e appuntiti come zanne. Poi un globo di luce azzurrata lo avvolse e al posto di lord Kaspar ricomparve il consigliere Tremotino.
- Ma chi...?
- Siete stupito? Non ne dubito. Mi avete deluso, quella volta, tenente. Il Rubus Noctis mi serviva. Bastava prendere la pianta e portarmela. Sarebbe andato tutto bene e sareste stati ricompensati. – Lo stava rimproverando come un ragazzino colto sul fatto mentre commetteva qualche marachella.
Rubus Noctis.
Mi avete deluso, quella volta, tenente.

- Voi siete lord Kaspar? Siete sempre stato Voi?! – gridò Killian, sopraffatto dalla rabbia e dall’incredulità.
- Ma certamente! Solo che allora non era necessario che lo sapeste. Adesso... beh sì. Avrei dovuto cercarvi dopo la vostra scomparsa, ma avevo... molte cose a cui pensare.
Killian lo maledisse e lo aggredì. La lama affondò nel petto di Tremotino, che si limitò ad una smorfia di dolore, seguita da un’altra di quelle risate stridule.
- Non potete uccidermi, capitano. Le armi comuni non possono niente contro di me. – Con un gesto rapido e una parola magica, Tremotino gli sottrasse la spada e l’abbatté sul suo polso, che non era protetto da armatura o cotta di maglia.
Gli tagliò la mano.
Killian urlò di dolore, afferrandosi il moncherino e cadde vicino al fratello morente.
Deyja.
Emma pronunciò la parola elfica, aggredendo con tutte le sue forze le difese erette intorno alla mente di Tremotino. Morgana le aveva detto di non usare troppa magia elfica, ma le parole affioravano dalle profondità della sua mente e lei non poteva fare altro che usarle, soprattutto se qualcuno era in pericolo di vita.
Tremotino barcollò leggermente, ma i muri ressero e il consigliere di Regina scomparve in una nube viola.
- Maledetto! – gridò Killian.
Sopra di lui uno dei draghi ruggì.
Liam esalò l’ultimo respiro e i suoi occhi divennero vuoti e spenti. Il suo lupo lo trovò e si avvicinò, annusando brevemente il viso e leccandogli un taglio che aveva sul mento. Killian gridò il nome del fratello, mentre il sangue continuava a sgorgare dal moncherino. Emma concentrò le sue energie sulla ferita. Avrebbe dovuto proseguire, continuare l’avanzata verso il castello, ma quegli uomini stavano combattendo per lei. Stavano morendo per lei. Non poteva salvarli tutti, ma avendone la possibilità avrebbe aiutato chi poteva aiutare.
Il moncherino smise di sanguinare.
- Swan... – mormorò lui, allungando la mano che gli restava e stringendo il braccio di Liam. Cercò persino di sorriderle, ma fu più che altro una smorfia sofferente. - Grazie.
Emma non ebbe tempo di rispondergli. L’attaccarono in due e dovette dare il meglio di sé per difendersi.
Killian prese la spada di Liam. Non avrebbe abbandonato il corpo del fratello e avrebbe impedito a chiunque di toccarlo.


Emma aveva il respiro affannato, i muscoli tesi, pronti a respingere qualsiasi attacco. Ogni fibra del suo essere formicolava di energia e di furia, nonostante avesse usato la magia elfica e si sentiva più viva che mai. Una lancia rimbalzò sul suo scudo, ammaccandolo. Scrollandosi di dosso il dolore alla spalla, Emma fracassò il cranio del soldato, sfondandogli l’elmo.

Lottiamo giorno e notte
contro menti corrotte
insieme dobbiamo agire
Oh, Cora non mentire!


Guardò Regina. Ogni volta che Stormbringer colpiva, non c’era scampo per i nemici. Dopo che un’ascia ebbe trafitto uno degli uomini di Artù, lei l’afferrò e la rispedì contro chi l’aveva lanciata, prendendolo in pieno petto. Dove Stormbringer non arrivava, era la magia a colpire.
Più a destra, un soldato di Cora schivò il colpo di mazza di Agravain e roteò la spada. Il fendente si abbatté sull’elmo del cavaliere, spingendoglielo all’indietro. Stordito, con la vista annebbiata e le orecchie che ronzavano, Agravain tentò di raddrizzarsi. L’altro uomo era già pronto a sferrare il colpo, ma una lama robusta comparve all’improvviso dal suo torace. Gorgogliando, quello cadde a terra. Percival estrasse la spada dalle carni del soldato e restituì ad Agravain la mazza chiodata.


Galahad planò sulla città e afferrò tra le zampe due soldati che stavano dando del filo da torcere a Gawain e li gettò nel fossato che circondava il castello. Lilith sputò fuoco contro gli arcieri sui camminamenti. Una torretta crollò, colpita dalla sua coda.
Uno degli uomini sulle mura scagliò una lancia con tutta la forza che aveva, approfittando del fatto che il drago stesse volando basso e quella le si conficcò in un fianco, tra due scaglie. Lilith ruggì e traballò. Dispiegò le ali con uno schiocco sonoro per riprendere l’equilibro ed evitare di schiantarsi al suolo e virò bruscamente, sfiorando il terreno con la punta dell’ala destra. La lancia cadde. Lilith recuperò quota.
Stai bene?, le domandò Galahad, parlandole con la mente. Merlino gli aveva detto che era possibile durante il duro addestramento che gli aveva impartito prima che partissero e infatti fu molto semplice e naturale.
Sì, è solo un graffio, rispose lei. Davvero pensano di spaventare un drago con una lancia?


Emma vide Lilith che per poco non precipitava e fu sul punto di aiutarla con la magia. Sentì che una parola elfica stava per salirle alle labbra, ma poi la vide risollevarsi con un poderoso colpo di ali.
Emma. La voce di Morgana la sorprese. Era da un bel pezzo che non la sentiva.
Morgana, sei tu?
Sì. Ascoltami bene. Ci sono due mostri di guardia all’interno del castello. Sono yaoguai. Erano umani, ma credo che Cora... o Tremotino li abbia trasformati. Sono creature feroci. Fate attenzione. Merlino ha cercato di penetrare le difese di Tremotino, ma non è stato possibile. Nel castello sarete sole.

Emma strinse le labbra. D’accordo.


Una spada si abbatté con violenza sulla schiena di Anita, lacerando stoffa e carne. La donna urlò e cadde in ginocchio. Zoppicava già per una ferita al polpaccio.
La sofferenza la faceva stare piegata in due e sopprimeva ogni pensiero. Phaona lottava contro l’uomo che l’aveva colpita, ringhiando.
Anita cercò di rimettersi in piedi, ma vacillò, la vista le si offuscò e divenne appena cosciente del sangue che le scorreva copioso sulle reni.
Udì la voce di sua figlia Ruby. Era lì vicino. Disse qualcosa, ma non riuscì a capirla. Chiamò il suo nome.
Col cuore gonfio di angoscia, Anita alzò gli occhi al cielo, il volto già rigato di lacrime.
Poi Raksha, la lupa di Ruby, si gettò su di lei e l’azzannò alla gola.


- Raksha! – urlò Ruby, soffocata dall’orrore.
La lupa si era buttata sul corpo già martoriato di sua madre e aveva puntato direttamente alla gola. Anita giaceva a terra, con lo sguardo aperto e vuoto.
Raksha sollevò il muso insanguinato e Ruby vide che i suoi occhi erano viola.
Non erano mai stati così prima d’ora.
- Magia! – gridò Quinn. Anche lui era sporco di sangue, ma non sembrava ferito. Phao lo incalzava, ringhiandogli contro. Phaona aveva azzannato la gamba di un uomo e non mollava la presa, mentre quello urlava a squarciagola. Era uno degli uomini di Artù, lo capiva dal dragone impresso sullo scudo. Lo usò per difendersi. Colpì la lupa, che si allontanò per un istante, ma poi tornò alla carica.
- Magia? – Ruby non riusciva a staccare gli occhi dal corpo della madre. Il cadavere venne calpestato da altri piedi di persone in fuga. Uno inciampò malamente, cadde addosso alla donna morta, imprecò e si rialzò, ricominciando a correre.
Una furia cieca le montò dentro. Ruby fece lo sgambetto a quell’uomo, che si schiantò di nuovo, sbattendo il mento. Poi prese una pietra e si avventò contro di lui, scaraventandogliela sul cranio scoperto. Una, due, tre volte.
- Un incantesimo! Li stanno controllando! – urlò Quinn.
Ruby gettò via la pietra insanguinata. - Come li fermiamo?
Emma e Regina non si vedevano da nessuna parte. Dovevano essere più avanti.
- Cosa fai, Akela? – Graham notò che il lupo lo stava puntando, con occhi che erano diventati improvvisamente di un viola cupo. Un filo di bava colò dalle fauci.
Akela si lanciò contro di lui.


Emma stava incitando Maximus, che si faceva largo tra persone che scappavano e cadaveri. Le urla dei feriti che chiedevano misericordia le riempivano le orecchie. Il sangue le si stava rimescolando nelle vene, bollente come lava. La canzone che alcune persone continuavano a cantare la riempiva di furia.

Lottiamo giorno e notte
contro chi ci sfotte
da noi non puoi fuggire
Oh, Cora non mentire!

Lottiamo giorno e notte
contro menti corrotte
insieme dobbiamo agire
Oh, Cora non mentire!


- Emma! – gridò Regina.
Lei si voltò in tempo per vedere Rama, il lupo di Peter, che spiccava un balzo e si scagliava su di lei con le fauci spalancate.
Istintivamente Emma levò una mano e compì un gesto convulso. Rama venne sospinto lontano da lei dall’onda di magia che lo investì.
Che sta succedendo?
Magia, disse Morgana, nella sua mente. È un incantesimo. Cora li controlla.
Cosa facciamo?
Ci provo io. Ho trovato uno spiraglio. Non mollare.

Regina avvertiva una magia malvagia vibrare nell’aria. Un incantesimo oscuro. Riconobbe l’impronta di sua madre, come se si trovasse lì in mezzo loro.


Peter non trovava più Rama. Lo aveva perso di vista in mezzo alla confusione.
Però vide Raksha. La lupa di Ruby gli veniva incontro con il muso insanguinato e due occhi selvaggi, di un viola tempestoso.
- Raksha?
La lupa della sua ragazza spiccò un balzo. I denti aguzzi scintillarono come lame affilate. Peter lanciò un grido e menò un fendente a casaccio, spinto più dall’istinto di sopravvivenza che dal desiderio di fare del male.
La spada ferì Raksha di striscio a una gamba. La lupa ringhiò, ma non sembrò accorgersi della ferita. Era troppo concentrata sul suo obiettivo.
- No, Raksha... fermati! Sono io! – gridò Peter, indietreggiando.
Ruby evitò per un pelo di essere azzannata da Phaona, che attaccava chiunque le capitasse a tiro. Non riconosceva più i membri del suo Branco.
Si fece largo in mezzo alla calca. La sua spada affondò in altre carni, mozzò le teste degli uomini ombra, si aprì la strada. Doveva trovare Peter. E sua nonna. Granny era stata risucchiata dalla folla dopo che erano riusciti ad entrare a Nymeria. L’idea di essersi lasciata alle spalle il corpo di sua madre... l’idea di quello che avrebbero potuto farle... la riempiva di sgomento. Ma se si fosse fermata l’avrebbero uccisa.
Peter era quasi sempre stato vicino a lei. Se Rama lo avesse attaccato... non avrebbe mai avuto la forza di uccidere il compagno.
- Raksha, fermati! Sono io! Non farlo! – urlò ancora Peter.
Lei lo attaccò di nuovo. Peter si spostò appena in tempo. Alcune persone lo urtarono e lui perse la spada. Afferrò un bastone, sottraendolo dalle mani di un uomo già morto e lo brandì contro la lupa.
Il colpo che inferse andò a vuoto. Raksha, invece, riuscì a chiudere le fauci intorno alla sua gamba.
- Ti prego! – implorò. – Sono io...
Raksha evitò le bastonate che lui cercò di sferrare un po’ alla cieca. Peter la centrò una volta sola, ma non fu abbastanza.
La lupa affondò gli artigli nel suo petto.


Nella sala del trono Cora barcollò quando Morgana penetrò le sue difese.
Un dolore improvviso e lancinante l’accecò temporaneamente. Lottò per respingere l’attacco e ci riuscì, ma la Somma Sacerdotessa aveva trovato una breccia e tornò ad attaccarla.
Cora comprese che era vero ciò che si diceva su di lei. Era una maga formidabile. Non si trovava a Nymeria, il suo attacco veniva da molto più lontano, trapassava tempo e spazio. Era qualcosa che solo chi aveva sempre posseduto il dono della magia e si era allenato costantemente riusciva a fare.
Ma non poteva resistere a lungo. Cora lavorò per erigere barriere più alte e chiudere la breccia nella sua mente.


Graham pensava che non ce l’avrebbe fatta. Qualsiasi cosa stesse controllando Akela, era molto più forte del lupo.
Il suo compagno era sopra di lui e Graham aveva una mano coperta dal guanto corazzato stretta intorno al suo muso. Faceva forza per allontanarlo da sé, ma Akela era un animale giovane ed energico. Non era ferito e non era neppure stanco. Lottava come se stesse cercando di uccidere un nemico.
Aveva già capito che, se non l’avesse ucciso, Akela lo avrebbe dilaniato.
Amico, mi dispiace.
Gli scivolò una lacrima sulla guancia, mentre con la mano libera afferrava l’elsa del pugnale.
Poi Akela si fermò. I suoi occhi tornarono normali. Uno nero e uno rosso.
Il lupo lo fissò, quasi sconcertato, ansimando, con la lingua penzoloni. Drizzò le orecchie, scosse la testa più volte, come se ci fosse ancora qualcosa che lo infastidiva.
- Akela?
Akela gli annusò la faccia e gliela leccò, emettendo bassi gemiti gutturali.
Era tornato.


Ruby si buttò a terra, accanto a Peter.
Raksha uggiolava e scuoteva il viso del ragazzo con il muso. Teneva la testa e le orecchie basse.
- Sono qui, Peter. – sussurrò Ruby, prendendolo delicatamente tra le braccia. Accarezzò il suo viso e la fronte.
- Ti vedo... Raksha... – Peter faticava a parlare. Allungò una mano verso la lupa, che gliela leccò e si strusciò contro di essa.
- Era magia, Peter. Li stavano controllando.
- Lo... lo immaginavo...
Ruby vide che aveva il petto squarciato, il tessuto della casacca era intriso di sangue. Aveva anche una ferita sul collo, molto profonda e un morso al polpaccio. Raksha gli aveva strappato tre dita della mano sinistra.
- Devi... devi andare. Lasciami qui. – mormorò Peter. – Devi andare...
Ruby scosse la testa con forza, le lacrime che già le rigavano le guance. - No, Peter. Io non ti lascio... ho dovuto lasciare mia madre, ma non lascerò anche te...
- Ti perdono... – disse Peter. Parlava a Raksha, ora. Con la mano libera, le fece una carezza lieve. – Tu... non hai colpa. Era... magia. Tu... devi proteggere Ruby.
- Peter, guardami...
Lui girò faticosamente la testa e riuscì persino a sorriderle. Aveva le labbra spaccate e i capelli incollati alla fronte sudata. – Non ha colpa... diglielo. Diglielo anche... quando tutto sarà finito. Continua a combattere...
- Peter...
Il corpo del ragazzo si rilassò fra le sue braccia. La mano che accarezzava Raksha ricadde al suolo, inerte.


Emma spinse Maximus verso il ponte levatoio del castello. Era ancora alzato, ma gli uomini sui camminamenti erano morti o erano troppo occupati a nascondersi per non essere inceneriti.
Regina falciò altri uomini ombra che le bloccavano il passaggio, poi gridò una parola magica nella Lingua Antica, sollevando la spada verso il cielo.
Si udì uno schianto. Le funi dell’argano si sfilacciarono e si spezzarono con una serie di schiocchi secchi. Il ponte levatoio precipitò proprio mentre Emma arrivava con Maximus.
Passò sopra di esso, seguita da Regina.
Gli uomini che erano rimasti a sorvegliare l’argano alzarono le mani e gettarono le armi, arrendendosi.
Dietro di loro Lilith atterrò proprio davanti al ponte levatoio per impedire l’accesso agli uomini di Cora, che combattevano in città.
- Regina... – iniziò Emma, quando piombarono in uno dei cortili interni.
Era deserto. In cortile non c’era nessuno. Dovevano essere scappati tutti o forse si era rifugiati all’interno del castello.
Non c’era nessuno... che fosse umano.
Da uno dei magazzini, sbucarono i due yaoguai. Il più grande davanti al più piccolo.
- Ma che cosa...? – cominciò Regina.
I mostri avanzavano a passi lenti, guardandole con i loro occhi di brace. Le teste enormi erano circondate da collane di fiamme, che crepitavano non appena gli yaoguai spalancavano le fauci, emettendo i loro tremendi ruggiti.
- Sono umani, Regina. Lo... lo erano, almeno. – disse Emma, affiancandola. Non sentiva più Morgana da un pezzo.
Regina alzò un momento lo sguardo verso la torre più alta del castello, quella in cui Tremotino era solito rifugiarsi e dove teneva tutti i libri di magia. Era vicino. Poteva avvertirlo chiaramente, così come avvertiva la presenza di sua madre.
L’aspettava. Le aspettavano tutte e due.
- Lo so. – rispose Regina.



Camelot. Regno di Elohim. Est.

Lavik e Ginevra continuarono a volteggiare uno attorno all’altra per un bel pezzo.
Tenendo alto lo scudo, il lord del Cameliard ogni tanto menava fendenti contro gambe, braccia e fianchi della sorella, ma lei era svelta a lavorare di speroni. Il suo destriero scartava e lei parava quasi tutti i colpi che riceveva. A volte Lavik era riuscito a raggiungere il bersaglio, ma l’armatura di Ginevra non cedeva.
La regina se ne stava sulla difensiva, alla ricerca di un punto debole dell’avversario.
Lavik sferrò un colpo poderoso con la spada e Ginevra fu costretta a contorcersi sulla sella per parare con il proprio scudo. L’impatto navigò dal braccio alla spalla. Lo sentì nella mandibola, tanto che le fece sbattere i denti.
- Non ti diverti più, vero, sorellina? – berciò Lavik.
Lei non sprecò fiato per rispondergli. Contrattaccò mulinando la spada, con un fendente che investì Lavik sotto il braccio ancora sollevato. L’acciaio sibilò contro altro acciaio.
Lui lavorò di speroni, ruotando il corsiero per arrivare al fianco destro di Ginevra, privo di protezione. Sua sorella fece lo stesso e il suo destriero ruotò, grugnendo al cavallo avversario.
Lavik stava perdendo la pazienza. Sferrò un colpo tremendo dopo l’altro. Ginevra spostava lo scudo ed intercettava ogni affondo, ogni stoccata e cercava di tenerlo impegnato con qualche fendente, che Lavik parava quasi senza sforzo.
Un momento, pensava Ginevra. Un momento solo.
Aveva capito dove poteva colpire. Ogni volta che il fratello sollevava la spada per sferrare un fendente, sotto il suo braccio si apriva un varco senza nessuna piastra d’acciaio a coprirlo.
Tuttavia Lavik non le lasciava molto spazio per sferrare la mossa decisiva.
La spada si sollevò, si schiantò, fu strappata dallo scudo e tornò ad alzarsi. Lavik borbottava, imprecava sottovoce ogni volta che sembrava sul punto di darle il colpo di grazia e non riusciva a oltrepassare le sue difese.
Lavik levò il braccio.
Ginevra lanciò l’affondo di spada lunga, la punta dritta verso quel varco.
Rapido com’era apparso, il varco tornò a chiudersi. La punta della lama raschiò contro una delle piastre.
Lavik, furibondo, attaccò urlando e spaventando persino il cavallo. Ginevra alzò il braccio e incassò duramente. Un fendente al fianco le strappò un gemito di dolore e il fratello rise, consapevole del vantaggio.
Ginevra vide che lo scudo stava per cedere. Ancora qualche colpo di spada e avrebbe dovuto gettarlo via. A quel punto sarebbe stata ancora più scoperta.
Lavik colpì di nuovo lo scudo, lo devastò quasi e sollevò ancora la propria arma per sferrare un altro fendente.
Ginevra serrò la mano sull’impugnatura e affondò con tutta la forza che aveva. Spinse attraverso le maglie di ferro e le piastre. Trovò il varco e la lama affondò nella carne.
Vide l’espressione incredula del fratello. I suoi occhi si spalancarono e la fissarono, furiosi. Il colpo che voleva sferrare non lo sferrò mai. La spada gli cadde di mano e dalla sua bocca proruppe un urlo selvaggio.
Mentre Lavik scivolava giù dal cavallo, il sangue che sgorgava dalla ferita e dalla bocca, Ginevra si scoprì a non provare nulla di particolare per quella morte. Un tempo aveva cercato di voler bene a suo fratello, ma l’atteggiamento di lui l’aveva sempre allontanata. L’ostilità nei confronti di Artù e di Lancillotto lo aveva ottenebrato. Era sempre rabbioso e, quando non lo era, non la degnava di uno sguardo, come se lei non valesse niente. Suo padre aveva fatto male a riconoscerlo e a renderlo erede delle sue terre.
Lavik fu colto dalle convulsioni. I suoi piedi sbatterono contro l’erba insanguinata e la sua schiena si inarcò.
Infine spirò. Il cavallo era scappato quando il cavaliere era caduto di sella.
Dall’esercito della regina Ginevra si levarono una serie di acclamazioni. Lei guardò Morgause e vide la sua faccia di pietra, impenetrabile.
Ginevra si portò le dita alla bocca e fischiò. Il drago si levò in volo.
Sir Kay lanciò un grido di battaglia. Il primo a muoversi fu Bedwyr, il giovane che aveva avuto abbastanza sangue freddo da inoltrarsi nel campo nemico. Lanciò il suo destriero al galoppo, distanziando rapidamente la prima fila.
- Che cosa fanno? – si chiese Morgause. Non era sorpresa che Lavik fosse morto. Sapeva benissimo che sarebbe successo dal momento in cui aveva accettato la sfida lanciata da Ginevra. Lavik era un buon combattente, ma era accecato da una rabbia che lo accompagnava forse da quando era nato. Ginevra era furba, attenta ed era capace di vedere. Osservava il suo avversario. Il duello era l’opportunità migliore per lei perché le dava la possibilità di cercare il punto debole del nemico, mentre se ne stava sulla difensiva.
Ma quel ragazzo. Che cosa aveva di strano? Era sicura di... di averlo visto. In una visione. Un barlume di Vista aveva cercato di mostrarle qualcosa prima che partissero per Elohim. Le aveva mostrato un uomo biondo in sella a un cavallo, ma la sua Vista non era limpida e non lo aveva scrutato bene in viso.
I Diseredati risposero al grido di battaglia di sir Kay, ma Morgause impose loro di non muoversi. Gli arcieri incoccarono le frecce.
Il giovane biondo tirò le redini con forza. Il cavallo s’impennò e lui rimase saldamente in sella. Alzò una mano.
Partì una pioggia di frecce.
Allora il vento sollevò i capelli di Bedwyr e Morgause vide le orecchie a punta.
- Un maledetto elfo! – urlò uno dei Diseredati.
No. Un elfo a metà, pensò Morgause, incredula.
I lineamenti elfici si erano persi nei tratti umani. L’unica cosa che lo distingueva dagli altri erano le orecchie. E la magia, indubbiamente. La magia elfica scorreva nel suo sangue. Non era veloce come un elfo, né altrettanto longevo di certo, ma era pur sempre figlio di uno di loro.
La magia elfica era la più potente, soprattutto se a lanciare l’incantesimo era qualcuno con sangue elfico nelle vene.
Le frecce si polverizzarono ben prima di raggiungere il bersaglio.
Du Sùndavar Freohr.
La morte delle ombre. Morgause udì le parole anche se era ancora a qualche iarda di distanza.
Gli uomini creati dall’incantesimo oscuro si dissolsero, trasformandosi in polvere, che venne subito rapita dal vento e gettata in faccia alla retroguardia. Molti cavalli impazzirono. Si scontrarono fra di loro, rotearono gli occhi fino a mostrare solo il bianco, scartarono, disarcionarono i soldati. Chi riuscì a rimanere in sella ebbe il suo bel daffare per tenerli a bada.
L’esercito si era notevolmente ridotto.
Furibonda, Morgause lanciò un incantesimo nella Lingua Antica, gridando e fece cadere il mezzelfo da cavallo. Il ragazzo ruzzolò. Si rialzò più veloce che poté. La signora del Lothian cercò di penetrare le sue difese, ma non poteva usare l’elfico; una sola parola in quella lingua l’avrebbe lasciata senza fiato e senza forze. La magia si scontrò con le barriere mentali del giovane. Certamente un elfo avrebbe facilmente potuto spezzare le difese, ma non lei.
Le tre linee dell’esercito di Ginevra si mossero come un unico uomo e si riversarono sulla piana come una gigantesca onda. Una cacofonia agghiacciante accompagnò l’avanzata. I Diseredati affondarono i calcagni nei fianchi dei loro destrieri e si lanciarono in avanti, senza aspettare ulteriori ordini.
Morgause seppe di essere stata sconfitta.
 
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view post Posted on 6/9/2020, 19:15
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CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
- Ma guarda che meravigliosa sorpresa! - esclamò Tremotino: - Il capitano Jones e il suo fratellino.

Ogni volta ke leggo"capitano Jones"penso sempre a Killian e ogni volta subito dopo leggo qualcosa ke mi fa ricordare:"Ah,no,il capitano qui è Liam!X-P"
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
Si era scontrato con un muro molto solido. Aveva tastato per trovare delle crepe, uno spiraglio anche piccolo, ma non c’era stato modo di superare le barriere mentali sollevate dal suo ex allievo.

Il pensiero corre alla scena finale del Villaggio dei Dannati. -_-
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
"Non puoi arrenderti." gli impose una voce squillante e autoritaria:

*Le
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
Il globo colpì un cavallo, che si arrestò con un nitrito di dolore e cadde di schianto.

"NOOOO,IL CAVALLINOOOOH!!!!! :terrore: "[cit.]Trono del Muori
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
Tortura e ammazza ma è una brava sovrana
speriamo che capiti sotto a una frana!
Amara, stai attenta alla nostra afflizione
se scherzi col fuoco t'aspetta l'abdicazione!

Lottiamo giorno e notte
contro chi ci sfotte
da noi non puoi fuggire
Oh, Cora, non mentire!

Ma cantano"Amara"o cantano"Cora"? :huh: Sono confuso!! :wacko:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
Liam si avventò contro di lui senza riflettere.
Una freccia sibilò nell’aria e lo colpì al collo.
Liam stramazzò, sputando sangue. Tremotino disparve.
- Liam! – gridò Killian.

:urgh: Così.De botto.Senza senso. :Ghiacciato:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
- No. No, no, no... andrà tutto bene, vedrai. - Killian si guardò intorno alla disperata ricerca di qualcuno che potesse aiutarlo, ma tutti combattevano.

:cry:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
- Voi siete Lord Kaspar? Siete sempre stato Voi?! -

2ad07d5945b6aec8766cbcd086aaf55e--sailor-moon-lord
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
Gli tagliò la mano.

Volevo mettere la gif D Tremotino ke taglia la mano a Uncino Killian ma nn la trovo.

tenor
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
Killian urlò di dolore, afferrandosi il moncherino e cadde vicino al fratello morente.

Uuhh,poveriino,a 'sto giro mi dispiace. :unsure: :(
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
Emma concentrò le sue energie sulla ferita. Avrebbe dovuto proseguire, continuare l’avanzata verso il castello, ma quegli uomini stavano combattendo per lei. Stavano morendo per lei. Non poteva salvarli tutti, ma avendone la possibilità avrebbe aiutato chi poteva aiutare.
Il moncherino smise di sanguinare.
- Swan... - mormorò lui, allungando la mano che gli restava e stringendo il braccio di Liam. Cercò persino di sorriderle, ma fu più che altro una smorfia sofferente. - Grazie.

:rosa:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
Killian prese la spada di Liam. Non avrebbe abbandonato il corpo del fratello e avrebbe impedito a chiunque di toccarlo.

:B): :sta-attento:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
Emma strinse le labbra. D’accordo.

Hai dimenticato il corsivo.
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
Poi Raksha, la lupa di Ruby, si gettò su di lei e l’azzannò alla gola.

:terrore: :Ghiacciato:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
Ruby non riusciva a staccare gli occhi dal corpo della madre. Il cadavere venne calpestato da altri piedi di persone in fuga. Uno inciampò malamente, cadde addosso alla donna morta, imprecò e si rialzò, ricominciando a correre.
Una furia cieca le montò dentro. Ruby fece lo sgambetto a quell’uomo, che si schiantò di nuovo, sbattendo il mento. Poi prese una pietra e si avventò contro di lui, scaraventandogliela sul cranio scoperto. Una, due, tre volte.

:terrore: :terrore: :terrore: :pauraaa: :pauraaa:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
- Cosa fai, Akela? - Graham notò che il lupo lo stava puntando, con occhi che erano diventati improvvisamente di un viola cupo. Un filo di bava colò dalle fauci.
Akela si lanciò contro di lui.

NOOO,IL MIO GRAHAM NOOO!!! :sigh: :triste:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
Peter non trovava più Rama. Lo aveva perso di vista in mezzo alla confusione.
Però vide Raksha. La lupa di Ruby gli veniva incontro con il muso insanguinato e due occhi selvaggi, di un viola tempestoso.
- Raksha?
La lupa della sua ragazza spiccò un balzo. I denti aguzzi scintillarono come lame affilate. Peter lanciò un grido e menò un fendente a casaccio, spinto più dall’istinto di sopravvivenza che dal desiderio di fare del male.
La spada ferì Raksha di striscio a una gamba. La lupa ringhiò, ma non sembrò accorgersi della ferita. Era troppo concentrata sul suo obiettivo.
- No, Raksha... fermati! Sono io! - gridò Peter, indietreggiando.

Afferrò un bastone, sottraendolo dalle mani di un uomo già morto e lo brandì contro la lupa.
Il colpo che inferse andò a vuoto. Raksha, invece, riuscì a chiudere le fauci intorno alla sua gamba.
- Ti prego! - implorò: - Sono io...
Raksha evitò le bastonate che lui cercò di sferrare un po’ alla cieca. Peter la centrò una volta sola, ma non fu abbastanza.
La lupa affondò gli artigli nel suo petto.

NOOOO,PETER!!!!! :cry: :cry: :cry:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
Graham pensava che non ce l’avrebbe fatta. Qualsiasi cosa stesse controllando Akela, era molto più forte del lupo.
Il suo compagno era sopra di lui e Graham aveva una mano coperta dal guanto corazzato stretta intorno al suo muso. Faceva forza per allontanarlo da sé, ma Akela era un animale giovane ed energico. Non era ferito e non era neppure stanco. Lottava come se stesse cercando di uccidere un nemico.
Aveva già capito che, se non l’avesse ucciso, Akela lo avrebbe dilaniato.
Amico, mi dispiace.
Gli scivolò una lacrima sulla guancia, mentre con la mano libera afferrava l’elsa del pugnale.
Poi Akela si fermò. I suoi occhi tornarono normali. Uno nero e uno rosso.
Il lupo lo fissò, quasi sconcertato, ansimando, con la lingua penzoloni. Drizzò le orecchie, scosse la testa più volte, come se ci fosse ancora qualcosa che lo infastidiva.
- Akela?
Akela gli annusò la faccia e gliela leccò, emettendo bassi gemiti gutturali.
Era tornato.

FFFIIIIUUUUUU. :amore2:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
- Ti perdono... - disse Peter. Parlava a Raksha, ora. Con la mano libera, le fece una carezza lieve: - Tu... non hai colpa. Era... magia. Tu... devi proteggere Ruby.

:cry: :cry: :cry: :cry:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
- Peter...
Il corpo del ragazzo si rilassò fra le sue braccia. La mano che accarezzava Raksha ricadde al suolo, inerte.

crybaby crybaby crybaby crybaby
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
- Sono umani, Regina. Lo... lo erano, almeno. - disse Emma, affiancandola. Non sentiva più Morgana da un pezzo.
Regina alzò un momento lo sguardo verso la torre più alta del castello, quella in cui Tremotino era solito rifugiarsi e dove teneva tutti i libri di magia. Era vicino. Poteva avvertirlo chiaramente, così come avvertiva la presenza di sua madre.
L’aspettava. Le aspettavano tutte e due.
- Lo so. - rispose Regina.

:sta-attento: :sta-attento:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
Dall’esercito della regina Ginevra si levarono una serie di acclamazioni. Lei guardò Morgause e vide la sua faccia di pietra, impenetrabile.

X-)
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
La magia elfica era la più potente, soprattutto se a lanciare l’incantesimo era qualcuno con sangue elfico nelle vene.

Il pensiero corre a (questa) Emma. -_-
CITAZIONE (Stephanie86 @ 6/9/2020, 13:27) 
Morgause seppe di essere stata sconfitta.

:dispettosa2: :dispettosa2: :dispettosa2:
 
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view post Posted on 7/9/2020, 18:06
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CITAZIONE
Ma cantano"Amara"o cantano"Cora"? :huh: Sono confuso!! :wacko:

Cantano "Cora". Ho già corretto nel file. -_-


Ho sempre dimenticato di dire che tutte le parole in elfico vengono da Eragon. O forse l'avevo detto. Non so XP :wacko:

_____________



48

A WALL OF THORNS






Nymeria. Regno di Mehlinus. Nord.

Gli occhi degli yaoguai ardevano come tizzoni.
Emma e Regina scesero dai cavalli, che si affrettarono ad allontanarsi dalle enormi creature circondate dal fuoco che erano sul punto di attaccarle. Sbuffarono, innervositi.
- Non vogliamo farvi del male. – disse Regina, parlando con una voce incredibilmente calma e controllata. – Non c’è bisogno di combattere. Sappiamo che siete umani. Posso aiutarvi.
Lo yaoguai più grande ruggì e con un balzò si gettò addosso a Regina, mentre il più piccolo si avvicinava ad Emma, scoprendo le fauci.
Regina evitò l’impatto di poco. La creatura atterrò sulle pietre, barcollò per ritrovare l’equilibrio e si voltò, pronta a sferrare un nuovo attacco.
- Non so che cosa ti abbia promesso mia madre, ma a lei non interessa se morite. Mia madre non ha un cuore. A lei non importa...
Lo yaoguai non l’ascoltò. Si gettò su di lei e Regina avvertì il calore delle fiamme che aveva intorno al collo. Cadde e perse Stormbringer.
Emma menò un fendente verso l’altro yaoguai e quello si tirò indietro. Tornò ad avanzare. Le girava intorno, come se non fosse sicuro di come potesse colpirla. Emma iniziò a muoversi in cerchio a sua volta, reggendo Narsil con entrambe le mani e tenendo gli occhi fissi in quelli ardenti del mostro.
Ma non è un mostro. È umano. Forse era un ragazzo. O un bambino.
Regina rotolò sulle pietre e recuperò la spada, mentre lo yaoguai abbatteva l’enorme zampa su di lei. Stormbringer si conficcò nella carne della creatura, che balzò indietro, gridando di dolore. Scosse la grossa testa e le lingue di fuoco divamparono, mentre il sangue nero sgorgava dalla ferita alla zampa.


All’esterno la battaglia continuava.
Daniel combatteva sull’orlo del fossato che circondava il castello. Jim e Will, anche se erano ormai stanchi, non cedevano terreno. Lilith proteggeva l’ingresso, mentre la chimera invocata da Regina si era scontrata con una delle creature di Cora, una grossa manticora. Lanciava spilli acuminati ogni volta che sventagliava la coda di scorpione. Il suo muso vagamente umano era circondato da una folta criniera nera e leonina. La chimera si fece sotto, cercando di azzannare il nemico. La manticora rispose sguainando gli artigli. Si scontrarono in una confusione di code, zampe, zoccoli e fuoco. Le code si attorcigliarono.
Artù era sul fianco destro, con Lancillotto accanto. Agravain aveva gettato via la mazza chiodata ormai distrutta e aveva estratto la spada, menando affondi e fendenti con ferocia. Galahad sorvolava la città, planando ogni tanto per aiutare qualcuno.
Graham aveva perso di vista Quinn e altri suoi compagni. In cuor suo sapeva che alcuni erano morti. Lo sentiva e lo capiva dagli ululati sofferenti di alcuni lupi. Scorse Granny che scagliava ancora frecce con la sua balestra e Won-Tolla visibilmente ferita, che continuava a minacciare chiunque tentasse di avvicinarsi a loro.
Ad un certo punto Jim venne sorpreso al fianco da un cavaliere, che quasi riuscì a trafiggerlo. Il colpo era impreciso e scivolò, ma riuscì comunque a trovare uno spiraglio, aprendo una ferita. Il ragazzo barcollò e quasi finì dritto nel fossato.
Will arrivò come una furia sull’uomo che aveva ferito il compagno. – Vediamo come te la cavi contro di me!
Il soldato nemmeno gli rispose. Era grosso, ma evidentemente stanco, sudato e perdeva sangue dalla fronte. Digrignò i denti, cercando di menare un sonoro affondo, ma Will lo intercettò.
Jim si rimise in piedi. C’erano altri uomini davanti a lui, quindi si ritrovò in uno spazio dove non c’erano nemici da combattere e poté tirare il fiato.
Will sferrò un colpo e sfondò il gambale del soldato, che gemette e cadde in ginocchio. Lo spinse nel fossato.
- Come stai? – domandò Will.
Jim scosse il capo. – Posso farcela.


Lo yaoguai più giovane azzardò un attacco contro Emma, che lo respinse roteando Narsil.
Regina avrebbe potuto infliggere un affondo mortale in più di un’occasione, perché la creatura che la teneva impegnata si scopriva spesso. Ma esitava. Regina esitava e cercava di raggiungere la coscienza umana che risiedeva nello yaoguai per spingerlo ad ascoltare.
Non sono un nemico. So di aver fatto molte cose ingiuste. Anche tu sei una vittima. Mia madre ti ha fatto credere che vi avrebbe aiutati entrambi, ma vi ha mandati a morire. Lascia che vi aiuti.
La furia dello yaoguai le impediva di arrivare in fondo. Si scontrava costantemente contro un muro.
Emma evitò gli artigli dell’altra creatura, ma la zampa la colpì e la mandò lunga distesa sulle pietre. La parte davanti dell’armatura era schiacciata verso l’interno e premeva contro le costole. Le faceva male e le costava muoversi.
Ti prego, non lo fare, implorò Regina.
Lo yaoguai l’attaccò di nuovo.
Emma strisciò per recuperare Narsil. Sollevò una mano, scagliando un globo di energia. Udì un ruggito di dolore, ma l’ombra enorme tornò a stagliarsi su di lei. Sentì il calore delle fiamme e il fiato pesante.
- Emma! – gridò Regina.
Aveva spostato gli occhi solo per un istante e lo yaoguai ne approfittò per gettarsi su di lei con tutto il suo peso. Regina reagì scivolando sul fianco dell’animale e affondandogli la spada nel costato. Stormbringer penetrò in profondità. Altro sangue nero sgorgò. La creatura non si diede per vinta e Regina estrasse la spada, sbilanciandosi un po’. Lanciò una sfera magica, costringendolo ad indietreggiare.
Emma scagliò il proprio scudo contro il muso dello yaoguai e lo raggiunse al naso. Lo scudo si ruppe come un fuscello. Emma si rialzò con Narsil in pugno, ma l’armatura schiacciata su un fianco la fece stare piegata. Lo yaoguai si precipitò a finirla.
Non posso fare altro. Mi dispiace.
Poi la parola elfica le salì alle labbra: Deyja.
Udì uno schiocco secco, come quello prodotto da un grosso tronco che si spezza. Il collo della creatura si torse. Gli occhi pieni di ardente follia sporsero dalle orbite.
Lo yaoguai più piccolo cadde con un tonfo e non si mosse più.
Un fiotto consistente di energie abbandonò Emma, ma era riuscita ad incanalare abbastanza bene il potere, come le aveva insegnato Morgana.
L’altro yaoguai si girò e subito si mosse verso il compagno caduto. Forse suo figlio. Si chinò, sfiorandolo con il muso. Poi sollevò gli occhi, scrutando Emma con un odio feroce.
Era sicura che se avesse usato di nuovo la magia elfica le forze l’avrebbero abbandonata completamente.
Poi una nube viola comparve sul dorso dell’unico yaoguai rimasto e Regina si ritrovò sulla sua groppa, con la spada levata.
Lo yaoguai girò su se stesso e cercò di scrollarsela di dosso, ma Regina fu molto più rapida e affondò Stormbringer nel collo robusto. Stavolta premette forte e spinse la spada fino in fondo. Dalla bocca della creatura uscì un doloroso ruggito.
Regina estrasse la spada e l’affondò di nuovo nella carne. Poco mancò che si bruciasse con il fuoco. Poi scivolò giù dalla schiena dello yaoguai e raggiunse Emma.
Lo yaoguai barcollò, tentò un ultimo attacco, ma le gambe non lo sostennero e finì semisdraiato accanto al suo simile appena morto. Sotto il corpo possente si allargò una pozza di sangue. Le fiamme che ardevano intorno al suo collo si spensero.
Infine la testa ricadde sulle pietre.
Per un lungo momento regnò il silenzio, interrotto solo dai loro respiri ansanti. Emma si appoggiava a Regina e lei la sosteneva come meglio poteva.
I due yaoguai senza vita vennero avvolti da una densa nube viola. L’incantesimo di Cora si estinse e rimasero solo i corpi martoriati di una donna e di un ragazzino.
Regina avrebbe voluto distogliere lo sguardo, soprattutto dalla mano della madre, che si mosse per cercare il viso del figlio, i cui occhi fissavano il cielo senza neppure vederlo. Le dita tremanti sfiorarono il mento e poi ricaddero sul petto del ragazzino.
- Mi dispiace. – disse Emma. Si sentiva troppo stordita per camminare. Al primo tentativo di mettersi eretta le venne il voltastomaco, così si accovacciò, la testa fra le mani, attendendo che il mondo tornasse a fuoco.
Regina la fece sedere e le tolse l’elmo ammaccato. Le accarezzò brevemente il volto. Con un semplice incantesimo le sistemò l’armatura ammaccata, in modo che potesse respirare meglio e muoversi senza difficoltà. - A me dispiace molto di più. Perché era me che odiavano.



Camelot. Regno di Elohim. Est.

L’esercito di Morgause era allo sbaraglio fin dal momento in cui Bedwyr aveva scagliato la magia elfica e annullato l’incantesimo oscuro.
Quando gli uomini della regina Ginevra attaccarono, non ci misero poi molto a concludere.
Il fianco sinistro, guidato da lord Fergus, si scontrò con i Diseredati, aprendosi a ventaglio e attaccando in più punti. Il lord del Dunbroch mulinava la spada, scagliando grida di guerra e incitando continuamente i suoi, mentre la sua folta chioma rossa frustava l’aria.
La retroguardia di Morgause semplicemente fuggì nella foresta o si arrese. Quelli che si arresero vennero risparmiati e presi prigionieri, mentre gli altri avrebbero dovuto nascondersi bene, poiché un manipolo di uomini si era gettato all’inseguimento su ordine di sir Kay.
Vivianne eruttò una colonna di fiamme, che divise l’esercito di Morgause e creò scompiglio. Cercò di incenerire anche la signora del Lothian, ma lei disparve in una nube nera per ricomparire lontana dal fuoco.
Morgause combatté fino alla fine, a cavallo e poi a piedi.
Quando la disarmarono, continuò a battersi usando la magia e riuscì a falciare diversi uomini prima che lord Ban la circondasse con un gruppo di soldati. Tra di loro c’era anche Bedwyr, il mezzelfo che aveva lanciato il primo incantesimo e che sfruttò le sue abilità magiche per intrappolarla. Morgause sprofondò nel terreno fino alle ginocchia. Notò che il giovane non aveva la stessa forza degli elfi puri, poiché era in parte umano, pertanto si stancava presto. Aveva la fronte imperlata di sudore e ansava.
Non appena la resero inoffensiva, lord Ban si avvicinò e la prese per i capelli. Lui aveva almeno sessant’anni, ma era ancora un uomo alto e atletico, in piena forma, con la pelle olivastra.
- Mia signora... – disse il padre di Lancillotto, schernendola. – Vi presento Bedwyr. Molti lo chiamano Bedivere. Figlio di uno dei miei migliori vassalli e di un’elfa. È entrato nel campo nemico senza farsi notare, grazie alla sua magia. E ci ha portato informazioni utili. Non ne sapevo niente. È stata una sorpresa anche per me.
- Ho usato piccoli incantesimi di protezione, per passare inosservato. – rispose Bedwyr, sorridendo. Ma era vagamente timoroso. - Se anche avete notato le mie orecchie, ve ne siete dimenticato subito dopo, mio lord. Non volevo attirare l’attenzione. Ho preferito essere trattato come qualsiasi uomo comune.
- Suppongo che dovrei essere furioso, ma dopo quello che ho visto... non sarà poi così difficile perdonarti.
- Vi ringrazio, mio lord.
Morgause sputò in faccia a Ban, che assunse un’espressione dura e si pulì con il guanto senza battere ciglio.
La regina Ginevra si fece avanti e guardò Morgause dall’alto. Lei non disse una parola, mentre la regina accennò a Bedwyr di lasciarla andare.
Con un ultimo sforzo, il ragazzo la liberò. Uno degli uomini di Ban imbavagliò la signora del Lothian, perché non potesse lanciare nessun incantesimo. Un altro le legò le mani dietro la schiena.
- Verrai giudicata ad Avalon. – dichiarò la regina Ginevra. – Fino ad allora, rimarrai nelle prigioni di Camelot. Avrai tempo per pentirti di tutto ciò che hai fatto.
Sempre che Morgana sia viva, pensò Ginevra. Non poteva esserne certa. Sapeva che era una maga potente, ma sapeva anche che aiutare e proteggere Artù le sarebbe costato molto. Aveva una gran voglia di mettersi a pregare la Dea Madre, anche se l’aveva fatto pochissime volte nel corso della sua vita.
Morgause parlò con voce chiara e stentorea. Non abbassò la testa. – Non mi pentirò mai di nulla. Tutto quello che ho fatto, lo rifarei. Meglio, di certo, ma lo rifarei.
- Non mi sorprende. – ammise Ginevra. Si girò verso sir Kay, che li aveva raggiunti nel mentre. - Portatela in una cella senza finestre e sbarrate la porta. Dite alla Dama del Lago di usare un incantesimo affinché non tenti di scappare. Mettete anche quattro uomini di guardia. E non rivolgetele la parola.
- Certo, mia regina. – rispose sir Kay, prendendo Morgause per un braccio e scoccandole un’occhiata furente.
Morgause ricambiò lo sguardo, sprezzante.



Nymeria. Regno di Mehlinus. Nord.

La grande sala del trono era deserta e il silenzio irreale. Dalle finestre filtrava una luce rosata. Gli arazzi che raffiguravano la poderosa fondatrice di Nymeria svolazzarono leggermente, quando Emma e Regina entrarono. Avevano le spade sguainate e le menti limpide, ma il castello sembrava deserto.
Sono qui, da qualche parte.
Regina protese la mente per cercare il suo consigliere e sua madre.
Percepì Cora quasi subito. Lei non si ritrasse nemmeno quando Regina la trovò. Di certo, stava ridendo di lei. Era certa di poter abbattere qualsiasi difesa.
Intorno al castello erano stati intessuti degli incantesimi protettivi. Ogni ingresso era protetto. Chiunque si fosse avvicinato, sarebbe morto all’istante, incenerito, a meno che non conoscesse il modo di aprire una breccia. A Regina era costato farlo, ma grazie agli insegnamenti di Vivianne, aveva potuto abbattere le barriere senza sprecare moltissime energie. Ansimava per lo sforzo, però. Si concentrò al massimo sulla riserva di energia che le rimaneva.
- Dove sono? – chiese Emma.
Regina aveva caldo e una gran sete, ma ignorò entrambe le cose.
- Esci. Non giocare con noi. – disse Regina.
Subito udì la risata subdola di Tremotino. Riecheggiò nella grande sala del trono, rimbalzò lungo le pareti, scosse gli arazzi e passò in mezzo a loro come una lancia infuocata.
Il consigliere comparve, spaparanzato sul trono, con una gamba buttata sul bracciolo imbottito e le braccia conserte.
Emma lo aveva visto solo per un momento quando aveva tagliato la mano a Killian e non era riuscita a penetrare nella sua mente nemmeno usando una parola magica in elfico. La pelle di Tremotino sembrava possedere una strana lucentezza nella penombra della sala. Era viscida, in parte squamosa come quella di un serpente.
- L’erede di Anatlon! Finalmente. Che piacere. – esclamò Tremotino. Immediatamente una nube magica lo avvolse e il consigliere lasciò il trono per spostarsi al centro della sala. – Molto brava con quella spada dal nome così... come dire... altisonante!
Emma avrebbe voluto dire molte cose, ma si limitò a stare in guardia.
- Regina, cara...
- Non mi chiamare cara, mostro! – rispose Regina.
- Oh, quanto veleno! Sono davvero io il mostro?
Regina avanzò di qualche passo, facendo cenno ad Emma di restare indietro. Lei annuì e si spostò un po’ per vedere bene Tremotino. Il cuore le batteva forte nel petto. Non osava spostare lo sguardo altrove.
- Sì, lo sei. – rispose Regina, sicura. – Lo sei sempre stato. Non te ne è mai importato di niente e di nessuno, tantomeno di me.
- Ti sbagli, invece. Ho fatto quello che potevo con te. Ti ho permesso di diventare... potente.
- Mi hai usata! Hai forgiato questa spada. – Sollevò Stormbringer. La sua voce era carica di furia. Sentiva di poterlo uccidere senza alcuna pietà, senza esitazioni. – L’hai data a mia madre e insieme mi avete sempre fatto credere che appartenesse a mio padre e che fosse mia. Ma era la tua spada!
- Lo è ancora, mia cara.
- Non più. Morgana ha dissolto l’incantesimo che ti ha permesso di controllarmi e tenermi buona.
Tremotino rise di nuovo. Rise, come se stesse trovando tutto estremamente divertente. – Ne sei sicura, Regina?
Lei non rispose. Aspettò una mossa, qualsiasi. Immaginava che si stesse preparando ad attaccarla, ma volesse anche confonderla.
- Sai Regina... io ho fabbricato quella spada. – disse il consigliere. – E tu mi hai sempre dato retta, perché io... avevo qualcosa di tuo. Qualcosa che tu mi hai dato. Le tue lacrime.
- Le mie... lacrime?
Tremotino ridacchiò di nuovo. – Certo, mia cara. E quelle lacrime erano nella spada. Una parte di te... per controllarti meglio. Le lacrime sono preziose... per questo le ho conservate. Tutte le lacrime che hai versato dopo la morte di Henry e... dopo la presunta morte di tua madre. Le lacrime, la rabbia, la frustrazione. Tutto è... qui dentro.
Nella mano di Tremotino comparve lo specchio che il Genio le aveva regalato anni prima, la sera in cui le aveva rivelato di essere innamorato di lei. Il suo volto ombroso e corrucciato galleggiava dietro la parete di vetro che era diventata la sua prigione da quando aveva espresso l’ultimo desiderio, chiedendo di poter stare per sempre al fianco della regina che amava.
Tremotino pronunciò una parola magica e lo specchio andò in mille pezzi. Regina udì distintamente il grido del Genio, mentre anche il suo corpo andava in frantumi. Con rapidità disumana, alcuni minuscoli frammenti colpirono Regina al viso e penetrarono nei suoi occhi.
- Regina! – gridò Emma. Aggredì Tremotino d’istinto, scagliando un globo di energia, ma lui disparve, accompagnato dalla sua risata.
- Ora sei nei guai, principessa. – disse il consigliere. La sua voce veniva da ogni punto della sala e da nessuna parte. Non c’era, Emma non riusciva più a vederlo, ma sentiva la sua presenza, un’oscura presenza maligna che aleggiava intorno a loro.
- Regina, sono qui, sei...
Emma vide le iridi di Regina tingersi di viola. Un viola carico, innaturale e tempestoso. La fissarono, vedendola, ma senza riconoscerla. Poi le sclere diventarono nere come l’ala di un corvo.
Si tirò indietro un attimo prima che Stormbringer si abbattesse su di lei, con un fendente potente. Emma sollevò Narsil e le lame si scontrarono, producendo scintille.
Con uno scatto fulmineo e un suono gutturale simile a un ringhio, Regina si lanciò verso di lei, mirando alle costole. Emma parò il colpo d’istinto. Narsil schizzò di lato e quasi le volò via di mano, ma la sua presa era ancora salda.
- Regina, fermati! – gridò Emma. – Sono io. Ascoltami.
Regina mirò ad un fianco e lei riuscì a stento a parare il colpo. Indietreggiò frenetica, stupita dalla velocità e dalla sua ferocia. Sembrava persino più veloce e più forte di quando si erano scontrate nella Grande Palude.
Regina formò una sfera di fuoco con la magia e la scagliò verso Emma, che abbassò la testa per evitare le fiamme. Il globo tornò indietro, diretto alla sua testa. Dato che Regina la teneva impegnata con la spada, dovette usare le sue energie magiche per deviare la sfera e dissolverla.
- Regina, non permettergli di farlo! So che sei ancora lì. – disse Emma, incrociando di nuovo la lama con la sua. – Ricordati chi sei! Ricordati cos’è successo nella Grande Palude, quando ci siamo incontrate... hai cercato di colpirmi alle spalle. Beh, hai pensato di farlo! Quello era un gesto scorretto. Lo hai capito anche tu e hai rinunciato.
Regina provò un nuovo affondo ed Emma lo parò, piroettando via. Non cercò di attaccare a sua volta, si limitò a stare sulla difensiva, mentre lei sferrava i suoi colpi.
- Regina, pensa! Combatti contro questo incantesimo!
I loro corpi si univano e si separavano al ritmo delle spade. A volte quasi si toccavano, ma poi lo slancio stesso li divideva. Narsil diventava sempre più pesante, i muscoli del braccio tremavano ad ogni colpo. Continuava a parlarle e ogni tanto vedeva dei cambiamenti in quegli occhi viola, vedeva il nero ritirarsi, ma solo per un istante.
Alla fine, mentre Regina tentava un affondo, Emma si spostò di lato, cambiò mano, impugnando Narsil con la sinistra e la punta della sua spada le aprì una ferita superficiale sul braccio, cogliendo in pieno un punto lasciato scoperto dall’armatura.
La mente di Regina era avvolta in una nebbia rossa e viola. Udiva Emma parlarle, ma non era in grado di reagire a quelle parole. Una parte di lei voleva farlo, voleva smettere di combattere contro di lei, voleva smettere di tentare di sorprenderla con la magia, ma sembrava che il suo corpo non rispondesse ai comandi. Gli ordini di Tremotino erano molto più forti. Erano imperiosi. Voleva che uccidesse Emma.
Uccidi. Uccidi. Uccidi.
Non posso. È Emma. Non posso.
Uccidi. Uccidi. Uccidi.
Ricordati chi sei.

Alla fine avvertì il dolore al braccio e gemette. Goccioline di sangue volarono nell’aria. I suoi occhi le misero a fuoco mentre cadevano verso il basso, ma molto piano, come se il tempo non avesse più alcun significato.
- Regina! Ma che cosa fai? Sei impazzita?
Per un momento pensò che la voce fosse solo nella sua testa. Sentì il dolore bruciante. Il sapore metallico del sangue. Una goccia rossa scivolò sul mento e cadde sull’erba verde del giardino. Un rivolo sottile scorreva lungo la lama della spada. Lentamente, scendeva verso l’elsa.
Il suo sangue.
Passi di corsa.
- Regina! – Emma Swan apparve di fronte a lei, con il fiato corto e gli occhi sgranati.

- Emma. – disse lei. Trapassò la nebbia nella sua mente e spinse per scacciare la presenza di Tremotino.
I frammenti magici dello specchio le scivolarono sulle guance come lacrime ed evaporarono.
Regina si guardò il braccio e vide che sanguinava. Come quella cicatrice che si era procurata per... benedire la sua spada.
- Aspetta. Non muoverti. – disse Emma. Mise una mano sopra la ferita ed essa si richiuse in un attimo.
- Stai bene? – le chiese Regina, guardandola negli occhi. Aveva ancora il respiro affannoso per quel combattimento feroce. I muscoli le tremavano per lo sforzo. - Non ti ho fatto del male, vero?
Emma sorrise e scosse il capo. - No. Sto bene. Mi hai dato del filo da torcere, ma sto bene. Sono felice che tu sia tornata.
- DISGUSTOSAMENTE SDOLCINATO! CHE IDIOZIA! - tuonò Tremotino. Ridacchiò ancora, ma la sua voce era piena di rabbia.
Regina protesse la sua mente, sollevando muri alti e spessi e chiudendo ogni possibile crepa.
Emma le prese la mano, stringendola forte tra le sue. – Lo affrontiamo insieme. Rimango io con te.
- No. – disse Regina. – Stai indietro. Lascia fare a me. Questa è una faccenda personale.
Era sul punto di ribattere. Dopo ciò che Tremotino aveva fatto, non voleva allontanarsi da lei nemmeno un attimo. Ma lo sguardo di Regina era così risoluto e penetrante, che Emma decise di farsi da parte. Era spaventata. Non voleva che quell’essere mostruoso percepisse il suo terrore, perché l’avrebbe considerata debole e non desiderava concedergli soddisfazioni. Ma dentro era terrorizzata. Era sfinita, anche. Un’altra cosa che non poteva permettersi. Sfinita non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Le immagini di quella battaglia le occupavano la mente e già immaginava che non l’avrebbero abbandonata mai più. Non del tutto. Killian che perdeva la mano. Il sangue. Le facce bianche dei morti. Gli occhi degli uomini ombra che guardavano dalle feritoie degli elmi neri. Gli ululati angosciati di alcuni lupi. Non sapeva nemmeno se le persone che combattevano per lei fossero ancora vive. Graham. Galahad. Il re.
Mantenne un’espressione il più possibile calma quando Tremotino riapparve al centro della sala del trono e Regina gli andò incontro.
- Dunque, mia cara... sei stata molto abile, lo riconosco. Sono stato un buon insegnante. – sentenziò Tremotino.
- Vivianne è stata una buona insegnante. Lei mi ha aiutato ad usare il mio potere nel modo giusto, non tu. – disse Regina. Con un gesto secco, ripose Stormbringer nel fodero.
- Oh, Vivianne. Certo. – Tremotino parve pensieroso solo un istante. – Non conta niente. La Dama del Lago non ha avuto molto tempo. Io sì. E ti conosco molto meglio di lei, Regina. So quanto sei potente.
- Lo sono. – confermò lei.
- Non quanto me. Tu non sarai mai potente quanto me, te lo garantisco. Sono molto più vecchio. Ho avuto Merlino come insegnante, presumo te lo abbiano raccontato.
Regina sorrise amaramente. Notò che gli occhi del consigliere avevano assunto una strana qualità cangiante, come se fossero stati sott’acqua. - Mi hanno detto ogni cosa di te. Sei sempre stato avido di potere. Più crescevi e più cresceva la tua voglia di avere tutto. La tua... sete di conoscenza. Sei sempre stato una bestia.
Tremotino si ritrasse appena, come se Regina gli avesse appena rifilato uno scapaccione. – Il potere è importante. Non te l’ho mai nascosto. Attraverso il potere puoi avere ciò che vuoi. Anche tua madre la pensa nello stesso modo. Per lei il potere è libertà. Che peccato che tu non la veda così. E, a proposito, come sta Merlino?
Regina non ne aveva la minima idea, ma non gli permise di confonderla. – Non sei potente come credi. Merlino non ti ha mai insegnato tutto perché non si fidava di te. E aveva ragione.
- Mi deludi, mia cara. Molto.
- Oh, ma non mi dire?
- Hai appena detto alla tua... principessa di non aiutarti. Almeno in due avreste potuto resistere un po’ di più.
- Posso farcela da sola. Tu sei mio.
Le labbra di Tremotino sembrarono allargarsi troppo... per un momento parve che il sorriso stesse per arrivare alle orecchie. Poi la bocca tornò normale e lui scoprì i denti gialli. I suoi occhi da rettile continuano ad avere qualcosa di fastidioso. La disorientavano. Se avesse continuato a fissarli, probabilmente lui sarebbe riuscito a penetrare nella sua mente come i frammenti dello specchio.
Ma Regina non voleva distogliere lo sguardo e mostrare anche un solo segno di debolezza. Un solo passo falso avrebbe significato una condanna a morte.
- Cosa intendi fare, Regina? Uccidermi con una... sfera infuocata? – domandò Tremotino. Seguì una delle sue solite risatine.
Nell’istante in cui pronunciava quelle parole, un maglio le penetrò nel cervello. Regina lottò per proteggere la propria coscienza.
- No. – rispose Regina.
Emma guardava e provava solo ammirazione per Regina. Eppure quasi si lasciò sfuggire un grido quando Regina pronunciò una parola magica e sospinse Tremotino contro ad una parete. Lo inchiodò alle pietre. Lui smise di ridere e lanciò un grido. Regina avvertì chiaramente l’aggressione alla sua mente e vacillò sotto il peso di quel potere oscuro.
Lo respinse.
- No, Tremotino. – rispose Regina. Gli sorrise, persino, nonostante la fatica. Emma notò che il suo era un sorriso diverso, sadico. I suoi occhi brillavano di una luce cupa e vendicativa. Le sembrava quasi di percepire la sua sete, la sua furia e la voglia di uccidere. Per un momento le sembrò imponente e straordinariamente bella.
- Oh? E che cosa intendi fare, allora? - domandò lui. Nonostante fosse inchiodato al muro, aveva ripreso a sorridere. Eppure sembrava anche preoccupato.
- In tutti questi anni non hai fatto altro che mentire su tutto e distruggere ogni tassello della mia esistenza. – disse Regina. Mentre parlava dal pavimento spuntarono dei rovi neri, che si arrampicarono sulla parete e si attorcigliarono prima intorno alle caviglie di Tremotino e poi intorno alle gambe. Un altro incantesimo che le aveva insegnato Vivianne e che le era costato parecchio imparare. - Per colpa tua è morto mio padre. Sono morti i miei sudditi... è morta la mia fiducia nel prossimo...
Tremotino riuscì a liberare una gamba da rovi, ma altri crebbero dalle fessure nei muri di pietra e gli circondarono il collo, gli bloccarono le braccia e le mani, piantandosi nella carne. Lui digrignava i denti, ma non urlava. Certamente non voleva darle quella soddisfazione. Il sangue scorreva copioso e imbrattava il pavimento lucido.
- Sono morta io! – gridò Regina.
Rovi più robusti circondarono la vita e il torace dell’uomo che era stato il suo insegnante, si arrampicarono sulla sua faccia.
- Tu mi hai fatto rinnegare me stessa, trasformandomi in una persona che non mi somiglia per niente e che detesto con tutto il cuore!
Tremotino, ora, gridò. Gridò davvero. Il viso ridotto a una maschera di dolore. Un terribile odio emanava da suoi occhi da rettile. La sua magia spezzò alcuni rami, ma subito altri si chiusero su di lui.
- Ma io non sono come te. – Regina godette delle sue sofferenze. - Non voglio più portare la morte! Da adesso in poi voglio portare solo la vita!
Un fiume di immagini avvolse all’improvviso Tremotino, scorrendogli nella coscienza. Lui da bambino, mentre assisteva alle lezioni di Merlino insieme ad un gruppo di giovani allievi. Lui che faceva domande al suo maestro. All’inizio Merlino era ben felice di rispondere, ma a mano a mano che cresceva, le richieste di Tremotino e le domande si erano fatte ben più complicate, più oscure. Tremotino voleva conoscere ogni cosa, imparare gli incantesimi più difficili prima del tempo. Alla fine chiese di poter imparare gli incantesimi proibiti, ma Merlino glielo negò. Ancora e ancora. Tremotino già adulto che leggeva le Cronache di Avalon. Imparava da solo. Vivianne che lo scopriva e lo riferiva a Merlino. Il druido che non lo puniva, ma scuoteva il capo, rassegnato. Gli altri giovani druidi che non desideravano la sua compagnia. Lo temevano. Nessuna delle sacerdotesse lo sceglieva mai la Notte di Beltane, intorno ai fuochi e a lui non interessavano quelle donne. Voleva il potere. Tremotino che lasciava Avalon, viaggiava a lungo fino a trovare il nascondiglio del mago Zoso. Lui sì, gli aveva insegnato molte cose. L’incantesimo fallito, quando aveva cercato l’immortalità. Il suo nuovo aspetto.
E alla fine due occhi. Due occhi azzurri e grandi.
Non erano occhi che conosceva, eppure al tempo stesso gli parve che fossero familiari. Erano occhi umani. Erano belli e sinceri. Erano buoni. Sorpreso, provò un guizzo di nostalgia.
Regina venne travolta da quel flusso di ricordi e per qualche momento anche lei vide gli occhi azzurri. Ne sapeva qualcosa di visioni e di reminiscenze di qualche vita passata. Guardò Emma. Poi tornò a rivolgersi a Tremotino. - La prossima volta cerca di scegliere l’amore e non il potere. Ti assicuro che si vive meglio!
Tremotino stava perdendo i sensi, ma prima che potesse scivolare via del tutto, Regina sollevò una mano.
Sbocciarono due rose. Una dall’occhio destro del consigliere e l’altra dal cuore.
Le rose si aprirono e i petali si tinsero di rosso, impregnati del suo sangue.
Tremotino non emise neanche un suono. L’altro occhio diventò opaco e poi vitreo. Le dita delle mani si aprirono, ormai prive di forza. I piedi smisero di scalciare.
Il consigliere era morto.
 
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